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Il primo licenziamento per motivi economici con la disciplina della nuova legge del jobs act del governo Renzi

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21/11/2015

Con il licenziamento sottoposto alle nuove norme delle tutele crescenti, l’impresa, se perde la causa, rischia di pagare al lavoratore licenziato solo 4 mensilità a fronte del minimo di 12 e del massimo di 24 mensilità che avrebbe rischiato se il lavoratore avesse avuto un'anzianità di servizio anteriore al 7 marzo 2015.

Un ristorante, che occupa 25 addetti, ha assunto nel mese di luglio 2015, con un contratto a tempo pieno e a tempo indeterminato, uno chef. L'assunzione è avvenuta dopo l'entrata in vigore della nuova legge sui licenziamenti. L'assunzione aveva un patto di prova  della durata di 45 giorni. La prova è stata superata ed il lavoratore è stato confermato. Nel mese di novembre 2015, dopo 4 mesi dall'assunzione, l'azienda, a causa di un afflusso di clienti ridotto rispetto alle aspettative e alla capacità  commerciale dell'esercizio, ha comunicato allo chef  il licenziamento per motivi economici, concedendogli il preavviso di 30 giorni ma esonerandolo dalla prestazione lavorativa. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento nei 60 giorni. Se il licenziamento fosse dichiarato illegittimo dal giudice,  l'azienda rischia di dover pagare al lavoratore una indennità risarcitoria fissa pari a 4 mesi della retribuzione mensile utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto. La retribuzione mensile utile per questo calcolo è di euro 2200. Il rischio per l'azienda è, pertanto, di euro 8800.  Somma certa e non fluttuabile perché si riferisce alla anzianità di servizio dello chef che non è superiore a 2 anni. 

Con la vecchia normativa quell'azienda per il licenziamento illegittimo avrebbe rischiato da un minimo di 12 mesi ad un massimo di 24 mesi, per un importo che va da euro 26.400 a euro 52.800.

Il ristorante, ricevuta la comunicazione della impugnazione del licenziamento,  ha la possibilità di offrire conciliativamente al lavoratore 2 mensilità di retribuzione che deve offrire entro 60 giorni. Se il lavoratore accetta questo importo, tutta la controversia si chiude definitivamente con un verbale di conciliazione in sede protetta (arbitrato, direzione territoriale del lavoro, tribunale, sindacale). Se il lavoratore rifiuta la proposta potrà rivolgersi al tribunale per tentare di  ottenere il riconoscimento delle 4 mensilità di retribuzione previste dalla legge per il licenziamento illegittimo.

Il lavoratore sicuramente con queste nuove regole ha una tutela molto debole rispetto a prima. La stabilità del posto di lavoro nel settore dell'impiego privato, per gli assunti dal 7 marzo 2015, appartiene alla storia giuridica del diritto del lavoro. 

 

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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo