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L’obbligatorietà dell’azione penale è garanzia per tutti


Osservava efficacemente Piero Calamandrei che “... in un ordinamento giudiziario come il nostro, in cui il giudice, sfornito di iniziativa propria, non può mettersi in moto se non lo richiede di ciò un funzionario dipendente dal potere esecutivo, questo potere viene, in ultima analisi, ad essere arbitro della giustizia fino ad annullarla di fatto. Dire da un lato che la giustizia è indipendente dalla politica e dall’altro lasciare al Governo la facoltà di decidere in base a considerazioni politiche se la giustizia debba o non avere corso, affermare da una parte che la legge è uguale per tutti, e dall’altra lasciare al potere esecutivo la possibilità di farla osservare soltanto nei casi in cui ciò non dispiace al partito che è al Governo, è tale un controsenso, che non importa spendere molte parole per rilevarne tutta l’enormità” (P. Calamandrei, Governo e magistratura, in M. Cappelletti (a cura di), Opere giuridiche, Napoli, 1966, p. 202.)
E’ sempre difficile e forse arbitrario cercare di individuare una frase che abbia la forza espositiva per illuminare il tratto fondamentale da cui muovono le teorizzazioni di un pensatore. E l’operazione è più ardua ancora quando si desidera utilizzare quella frase per esporre il punto nevralgico di una determinata questione.
Nelle parole dell’illustre giurista toscano emerge con semplicità e chiarezza il fondamentale ed imprescindibile ruolo cui è chiamato il pubblico ministero nel concorrere ad amministrare la funzione giurisdizionale; quel compito, cioè, che la Costituzione riserva ai magistrati autonomi e indipendenti da ogni altro potere dello Stato (artt. 102, 1° c., e 104, 1° c., Cost.).
Il pubblico ministero svolge una funzione diversa dal giudicare, che è propria, appunto, del giudice; ma l’attività di giudicare sarebbe di per sé spuria se non esistesse un soggetto deputato a far conoscere al giudice i casi da trattare e risolvere. 
L’esistenza di giudici, a cui il cittadino si può rivolgere per avere giustizia, cioè per vedere riconosciuti i suoi diritti, è condizione perché il principio di legalità (il potere soggetto alla legge) non rimanga un’astrazione. Il giudice è il soggetto cui l’ordinamento affida il compito di garantire il rispetto della legge, quando l’osservanza non sia spontanea o sorga una controversia, e di assicurare l’applicazione delle conseguenze che la legge prevede in caso di sua violazione (così l’applicazione delle pene nel caso di commissione di reati).
Ma che senso avrebbe la garanzia di giudici assolutamente autonomi, indipendenti e imparziali, non corruttibili e incondizionabili se il pubblico ministero – si perdoni l’eccesso di semplificazione – non gli fa arrivare processi da decidere? Se, per esempio, il pubblico ministero, non imparziale, non indipendente, non autonomo, decide di non fare un’indagine contro il potente di turno; o se quest’ultimo lo spaventa o gli ordina (e questo è il profilo più delicato) di non fare una certa indagine, è del tutto inutile avere un giudice perfetto: tanto quel processo il giudice perfetto non lo farà mai perché probabilmente non ne verrà mai a conoscenza.
Ecco, allora, il valore e l’importanza del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale sancito all’art. 112 Cost., che trova diretta corrispondenza proprio nella più generale garanzia giudiziaria posta al centro del nostro sistema costituzionale dei diritti. 
L’azione penale esercitata obbligatoriamente dal pubblico ministero presuppone la sua indipendenza – al pari di ogni magistrato – da ogni altro soggetto e potere dello Stato, ed è intimamente legata all’indipendenza del giudice poiché attua i principi di legalità ed uguaglianza nella sfera dell’amministrazione della giustizia. 
Obbligatorietà dell’azione penale significa agire imparzialmente ogni volta che viene scoperto un reato contro chi viene sospettato di averlo commesso, chiunque esso sia e per qualunque fatto posto in essere, affinché successivamente un giudice possa pronunciarsi sulla sua colpevolezza. In questi termini l’essere il pubblico ministero un magistrato, parte imparziale e pubblica del processo, costituisce una maggiore garanzia e per il cittadino, utente del servizio giustizia, e, soprattutto, per lo stesso indagato-imputato. 
L’esercizio obbligatorio dell’azione penale rappresenta, dunque, il connotato caratteristico del ruolo del pubblico ministero: non mero organo d’accusa, bensì organo di giustizia; quella stessa giustizia che il potere giudiziario nel suo complesso, composto da magistrati giudicanti e requirenti, deve istituzionalmente perseguire nel rigoroso rispetto dei diritti fondamentali e con le garanzie di autonomia e indipendenza.
Milano 22/06/2009

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