02/09/2014
La Corte di Cassazione ha affermato il principio giuridico che riportiamo di seguito:
" Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio - dall'esistenza di un pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare reddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Tale pregiudizio non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicchè non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento ma anche di fornire la prova ex art. 2697 c.c., del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l'inadempimento datoriale (Cass., n. 19785 del 2010)."Cassazione civile sez. lav. 18/09/2013 Numero 21344.
Questo principio giuridico, affermato dalla Corte di Cassazione, rende difficile il risarcimento dei danni a favore del lavoratore che lamenti una dequalificazione professionale. Il risarcimento dei danni infatti é strettamente subordinato alla prova, che il lavoratore deve fornire, di aver subito perché tangibile ed effettivo. Alla dequalificazione professionale non consegue necessariamente ed in modo ineludibile un danno. Questo danno può come non può esserci. Spetta al lavoratore darne la prova rigorosa e idonea della sua effettiva esistenza e del nesso causale con il comportamento datoriale.