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Infarto per responsabilità dell'azienda, condanna al risarcimento del danno a favore della moglie e della figlia

Onere probatorio interamente a carico dell'azienda

La moglie e la figlia minore superstiti di un lavoratore dipendente che aveva prestato la sua attività lavorativa in qualità di quadro, hanno convenuto in giudizio avanti il tribunale di Roma il datore di lavoro per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del decesso del congiunto che aveva avuto un collasso al miocardio.

A sostegno diartvalue. questa sua domanda la moglie e la figlia minore assumevano che il congiunto, svolgendo mansione di quadro, si era trovata ad operare, negli ultimi mesi del suo rapporto di lavoro, in condizioni di straordinario aggravio fisico: l'attività lavorativa si era intensificata fino a raggiungere ritmi insostenibili; l'impegno lavorativo era stato continuativo secondo la media di circa 11 ore giornaliere e aveva comportato il protrarsi dell'attività anche a casa e fino a tarda sera; gli svariati e complessi progetti erano stati affidati dall'azienda alla gestione del lavoratore senza affiancamento di collaboratori.

La Corte di Appello di Roma, riformando la sentenza del tribunale, ha condannato il datore di lavoro al risarcimento dei danni subiti dalla moglie e dalla figlia minore assumendo che l'infarto era in rapporto di concausa, con alto indice di probabilità, alle vicende lavorative.

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su ricorso del datore di lavoro, ha respinto l'impugnazione dell'azienda assumendo che "la responsabilità del modello organizzativo e della distribuzione del lavoro fa carico alla società, la quale non può sottrarsi agli addebiti per gli effetti lesivi dell'integrità fisica e morale dei lavoratori che possono derivare dalla inadeguatezza del modello adducendo l'assenza di doglianze mosse dai dipendenti o, addirittura, sostenendo di ignorare le particolari condizioni di lavoro in cui le mansioni affidate ai lavoratori vengono in concreto svolte; deve infatti presumersi, salvo prova contraria, la conoscenza in capo all'azienda, delle modalità attraverso le quali ciascun dipendente svolge il proprio lavoro, in quanto espressione ed attuazione concreta dell'assetto organizzativo adottato dall'imprenditore con le proprie direttive e disposizioni interne".

La Corte di Cassazione con questa sentenza ha ribadito il principio secondo il quale "la responsabilità dell'imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità fisica del lavoratore discende o da norme specifiche o, quando queste non siano rinvenibili, dalla norma di ordine generale di cui all'articolo 2087 codice civile, la quale impone all'imprenditore l'obbligo di adottare nell'esercizio dell'impresa tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, si rendano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori".

Per la Corte di Cassazione sussiste inoltre "per il datore di lavoro l'onere di provare di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi".

 La Corte di Cassazione non lascia spazi: la tutela psico-fisica del lavoratore è un bene massimo  imponendo all'azienda l'obbligo di vigilare costantemente facendo sì che il lavoratore non abbia a subire danno in conseguenza della sua  prestazione lavorativa anche se è stato consenziente e non ha sollevato obiezioni o contestazioni sul suo carico di lavoro.

Corte di Cassazione sentenza numero 9945 depositata l'8 maggio 2014.

 

Nella foto: opera di Anton Kolig, Liegender männlicher Akt und eine Fußstudie

 

Tutela delle condizioni di lavoro le norme del nsoro codice civile:

 -Art. 2087 codice civile. L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

-Art. 2060 codice civile. Il lavoro è tutelato in tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche e manuali.

Infortunio sul lavoro.

E’ infortunio sul lavoro qualsiasi lesione che un lavoratore subisca in occasione dell'espletamento della sua attività lavorativa, dovuta ad una causa violenta da cui sia derivata una inabilità totale o parziale al lavoro. L'infortunio può procurare una invalidità temporanea al lavoro oppure una invalidità permanente, totale o parziale.

Infortunio in itinere

La legge tutela anche l'infortunio che il lavoratore subisce durante il normale percorso di andata e ritorno dal suo luogo di abitazione a quello di lavoro oppure nel percorso di collegamento tra 2 diverse sedi di lavoro. Nel caso in cui manchi la mensa aziendale, la copertura assicurativa si estende anche agli infortuni avvenuti nel tragitto di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione dei pasti.

Malattia professionale

La malattia professionale è la malattia che si contrae a causa di condizioni di lavoro, di materiali utilizzati o comunque di  fattori nocivi presenti nel luogo in cui si svolge la prestazione lavorativa. La malattia professionale può comportare una incapacità temporanea al lavoro o anche la morte del lavoratore. L'istituto previdenziale indennizza la malattia professionale a condizione che essa sia stata contratta effettivamente nell'esercizio della prestazione lavorativa. La sua causa non è violenta come nell'infortunio sul lavoro ma si presenta come progressivamente lesiva sul fisico del lavoratore.

Trattamento previdenziale nei casi dubbi.

Quando vi è incertezza sulla natura dell'evento, se infortunio sul lavoro o malattia professionale coperti dall’Inail  oppure malattia semplice coperta dall'Inps, in via provvisoria provvede alla liquidazione del trattamento dovuta al lavoratore il primo ente che ha ricevuto la denuncia. Risolta la questione relativa alla natura dell'evento morboso, l'istituto competente regolerà in modo definitivo il trattamento dovuto all'assicurato.