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La Cassazione si divide sulla ripartizione dell'onere nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo

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12/01/2020

Giurisprudenza altalenante

La corte di appello di Palermo, in una controversia su un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ha affermato che l'onere probatorio a carico dell'azienda non doveva essere inteso "in modo rigido, dovendosi esigere dal medesimo lavoratore una collaborazione nell'accertamento di un possibile ricollocamento nell'assetto organizzativo aziendale, nella specie non realizzata."
Nella vicenda è intervenuta la corte di cassazione che accoglieva il ricorso proposto dal lavoratore e affermava che, invece, l'azienda ha un onere probatorio che deve assolvere in modo pieno ed esclusivo, senza tener conto delle specifiche deduzioni del lavoratore.
La motivazione della corte di cassazione  è stata così illustrata " in tema di onere della prova, qui condivisa, che va accentuando il principio della vicinanza della prova, inteso come apprezzamento dell'effettiva possibilità per l'una o per l'altra parte di offrirla. Invero, mentre il lavoratore non ha accesso (o non ne ha di completo) al quadro complessivo della situazione aziendale per verificare dove e come potrebbe essere riallocato, il datore di lavoro ne dispone agevolmente, sicchè è anche più vicino alla concreta possibilità della relativa allegazione e prova.... Sul piano processuale, si impone l'evidenza che l'opzione adottata dal giudice del merito in tema di repechage con riguardo all'onere di allegazione e collaborazione da parte del lavoratore, si risolve in una sostanziale inversione dell'onere probatorio - che invece la L. n. 604 del 1966, art. 5 pone inequivocabilmente a carico del datore di lavoro -, divaricando onere di allegazione e onere probatorio, nel senso di addossare il primo ad una delle parti in lite e il secondo all'altra, laddove detti oneri non possono che incombere sulla medesima parte, nel senso che chi ha l'onere di provare un fatto primario (costitutivo del diritto azionato o impeditivo, modificativo od estintivo dello stesso) ha altresì l'onere della relativa compiuta allegazione (sull'impossibilità di disgiungere fra loro onere di allegazione e relativo onere probatorio gravante sulla medesima parte v., ex aliis, Cass. cit. n. 12101/2016, Cass. 15/10/2014 n. 21847 .
"... va rimarcato come la tesi che configura a carico del lavoratore l'onere di segnalare una sua possibilità di riallocazione nell'ambito dell'assetto organizzativo aziendale, non appare coerente con la lettera e la ratio che sorregge la L. n. 604 del 1966, art. 5 secondo cui l'onere della prova circa l'impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni analoghe e quelle svolte in precedenza è posto a carico della parte datoriale, con esclusione di ogni incombenza, anche solo in via mediata, a carico del lavoratore (cfr. in tal senso Cass. 7/7/1992 n. 8254 .
In tal senso appare pertinente la considerazione che come il creditore, provata la fonte legale o negoziale del proprio diritto, ha poi solo l'onere di allegare l'altrui inadempimento, mentre il debitore deve provare i fatti impeditivi, modificativi od estintivi della pretesa azionata (cfr., per tutte, Cass. S.U. 30/10/2001 n. 13533 e successiva conforme giurisprudenza), così - nel campo specifico che ne occupa - il lavoratore, creditore della reintegra, una volta provata l'esistenza d'un rapporto di lavoro a tempo indeterminato risolto dal licenziamento intimatogli, deve solo allegare l'altrui inadempimento, vale a dire l'illegittimo rifiuto di continuare a farlo lavorare oppostogli dal datore di lavoro in assenza di giusta causa o giustificato motivo, mentre su questo incombe allegare e dimostrare il fatto estintivo, vale a dire l'effettiva esistenza d'una giusta causa o d'un giustificato motivo di recesso (in tali sensi, in motivazione, vedi Cass. 13/6/2016 n. 12101 è in tale ultimo fatto estintivo (cioè nel giustificato motivo oggettivo di licenziamento) della cui prova è onerato il datore di lavoro rientra pure l'impossibilità del c.d. repechage."

Con questa sentenza, in concreto, il lavoratore sta a braccia conserte, senza nulla offrire in esame al giudice, mentre l'azienda dovrà provare l'impossibilità di poterlo rioccupare al suo interno con riferimento all'intera organizzazione. Si tratta di un onere probatorio molto complesso e articolato al quale non sarà agevole far fronte.
Si tratta della sentenza della corte di cassazione numero 20.436 depositata in data 11 ottobre 2016.

 Vi offriamo la sentenza della Cassazione sezione lavoro in formato integrale.