17/07/2019
La società datrice di lavoro ha intimato il licenziamento a un' impiegata perché ha modificato il suo assetto operativo che prevede che le mansioni svolte dalla dipendente siano da una parte accorpate presso un altro ufficio del personale già in essere e dall'altra parte, con specifico riferimento alla gestione dei cedolini e delle buste paga dei lavoratori, definitivamente esternalizzate presso uno studio di consulenza del lavoro. In ragione di tutto ciò la posizione della dipendente è stata soppressa perché non più funzionale né economicamente giustificabile all'interno del nuovo contesto organizzativo. La società non aveva altre posizioni lavorative ove fosse possibile ricollocare la dipendente. Con questa motivazione è stato intimato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Il tribunale di Milano ha ritenuto il licenziamento fondato per la concorrenza delle scelte organizzative dell'azienda che hanno previsto l’esternalizzazione di alcuni servizi e l'accentramento di altri. Questa scelta del datore di lavoro è insindacabile rientrando nella sfera di intangibilità dell'iniziativa economica costituzionalmente garantita.
Il personale assunto nei mesi immediatamente antecedenti e successivi al licenziamento della lavoratrice hanno riguardato esclusivamente posizioni dirigenziali e posizioni richiedenti competenze tecniche estranee al bagaglio professionale della lavoratrice.
La lavoratrice licenziata, peraltro, da parte sua, non ha dedotto nella causa avanti il tribunale l'esistenza di specifiche posizioni lavorative disponibili che avrebbe potuto utilmente ricoprire. Si tratta di una collaborazione processuale che la lavoratrice avrebbe dovuto offrire in maniera adeguata. Il fatto che non abbia indicato posizioni che avrebbe potuto ricoprire conferma l'impossibilità di poterla utilmente utilizzare all'interno dell'azienda. Del tutto irrilevanti, poi, sono le assunzioni a termine con il ricorso alla somministrazione temporanea di lavoro.
La comparazione, al fine di individuare il lavoratore da licenziare, nell'ambito di una platea di lavoratori svolgenti mansioni fungibili, non può tener conto solo dei criteri dell'anzianità di servizio o di quell'anagrafica o dei carichi di famiglia purché vi siano altri criteri non arbitrari ma improntati a razionalità e graduazione delle posizioni. La violazione di questi limiti si tradurrebbe in un’indebita ingerenza giudiziale nella sfera di autonomia economica del datore di lavoro.
Il datore di lavoro, inoltre, non ha obbligo al fine di conservare il rapporto di lavoro di trasformarlo in part time. Nella riorganizzazione aziendale è stata soppressa l'intera posizione lavorativa. Imporre una soluzione giudiziaria diversa comporterebbe una penetrante ingerenza nelle scelte datoriali che, invece, sono insindacabili. Tribunale di Milano sezione lavoro, giudice Dott. Antonio Lombardi sentenza n. 7200 pubblicata il 13 maggio 2019.