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Il musicista che si esibisce durante la malattia può avere diritto solo al risarcimento del danno senza reintegrazione nel posto di lavoro

Sentenza cassazione numero 6.047/2018 pubblicata il 13 marzo.

Il datore di lavoro ha contestato ad un lavoratore che nel suo periodo di assenza dal servizio, per 4 giorni, a seguito di una presunta malattia, si era sibito in pubblico svolgendo attività di concertista unitamente ad altre persone. In particolare si era esibito nell'ambito di una serata organizzata per la festa della Madonna del Carmelo con la sua band. Il datore di lavoro ha contestato al lavoratore che con il suo comportamento, violando i suoi doveri di correttezza e buona fede e quelli di diligenza e fedeltà ha rischiato di compromettere la guarigione sottoponendosi ad uno stress psicofisico derivante dall'esecuzione del concerto. Dopo la contestazione, il datore di lavoro ha intimato al lavoratore il licenziamento per giusta causa. Il tribunale ha rigettato la domanda del lavoratore che chiedeva la reintegrazione nel posto di lavoro dichiarando la legittimità del licenziamento. La corte di appello, invece, ha disposto la sua reintegrazione nel posto di lavoro con il risarcimento del danno.

La cassazione ha affermato che "nella specie i principi che informano la materia sono consolidati: lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia è idoneo a giustificare il recesso del datore di lavoro per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà ove tale attività esterna, prestata o meno a titolo oneroso, sia per sè sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una sua fraudolente simulazione, ovvero quando, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, l'attività stessa possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore (v., ex plurimis, Cass. n. 17625 del 2014, Cass., n. 24812 del 2016, Cass., n. 21667 del 2017). Inoltre, l'espletamento di attività extralavorativa durante il periodo di assenza per malattia costituisce illecito disciplinare non solo se da tale comportamento deriva un'effettiva impossibilità temporanea della ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa è solo messa in pericolo dalla condotta imprudente (v. Cass., n. 16465 del 2015), con una valutazione di idoneità che deve essere svolta necessariamente ex ante, rapportata al momento in cui il comportamento viene realizzato (citata Cass., n. 21667 del 2017, n. 10416 del 2017, n. 24812 del 2016, n. 17625 del 2014). "
La cassazione ha concluso che la corte di appello ha applicato con correttezza i principi sopra riportati ma ha sbagliato nella parte in cui ha disposto la reintegrazione nel posto di lavoro con il risarcimento dei danni e non, invece, il solo risarcimento del danno da 12 a 24 mensilità della retribuzione globale di fatto percepita ma senza la reintegrazione nel posto di lavoro poiché il fatto contestato comunque sussiste. La corte di appello deve riesaminare la controversia applicando questo principio.
Sentenza cassazione numero 6.047/2018 pubblicata il 13 marzo.

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.