A- A A+

In concorso con i sottoposti ruba il pesce all’azienda che rivende a terzi per spartirsi il ricavato

Corte di appello di Milano, Sentenza n. 416/2017

L’azienda contesta al lavoratore che “durante le operazioni di carico e scarico merce effettuato sotto la sua supervisione e responsabilità un sottoposto, anziché caricare sul furgone in sua dotazione esclusivamente la merce indicata nella relativa lista di prelievo (ossia quella effettivamente ordinata dai nostri clienti ) ha caricato in aggiunta a tali prodotti ed in assenza di alcuna autorizzazione : n. 2 cartoni contenente Gambero argentino L1 ; n. 2 cartoni contenenti Gambero argentino L2 ; n. 2 cartoni contenenti Code di gambero argentino C2 ; n. 3 cartoni contenenti Pesce spada a tranci. Tale merce del valore totale di euro 925,65 +Iva è stata poi consegnata nella mattinata successiva al titolare di una società acquirente . Per tale merce non risulta essere stata emessa alcuna bolla di consegna né alcuna relativa fattura ... “. In seguito l’azienda, utilizzando anche ulteriori circostanze, conosciute dall’esame della documentazione di un procedimento penale a cui era stato sottoposto un altro dipendente,  ha contestato al lavoratore, con altra lettera, di aver diviso i proventi della sottrazione della merce con gli altri corresponsabili della sottrazione delittuosa. Con questa seconda lettera, l’azienda ha ampliato la sfera e ulteriormente circonstanziato l’atto di incolpazione. Il lavoratore si è difeso dall’incolpazione sostenendo la sua estraneità ai fatti. A conclusione della procedura di contestazione, il lavoratore è stato licenziato. Il tribunale, dopo aver sentito i testimoni, avuta conferma dei fatti, ha dichiarato legittimo il licenziamento. Il lavoratore non soddisfatto ha impugnato ila sentenza.

La corte di Appello di Milano ha rigettato il reclamo perché ha ritenuto che fosse stata idoneamente provata dal datore di lavoro la responsabilità del lavoratore nella sottrazione della merce,  con la conseguente legittimità del licenziamento per giusta causa, stante la sottrazione della merce, processualmente provata, e la lesione in modo irreversibile dell’essenziale elemento fiduciario posto alla base del rapporto di lavoro. Il lavoratore è stato condannato a pagare all’azienda le spese processuali sia del primo grado che di quello di appello.

La corte di appello,Nella sua motivazione, rispondendo alle varie questioni sollevate dalla difesa del lavoratore, ha affermato che non sussiste alcuna necessità sulla sospensione del procedimento disciplinare Promossoai sensi dell'articolo 7 dello statuto dei lavoratori in pendenza del procedimento penale contro il lavoratore per i medesimi fatti. In questa sua affermazione la corte di appello ha richiamato l'indirizzo giurisprudenziale della cassazione che ha precisato

che “ il principio di non colpevolezza valido fino alla condanna definitiva , sancito dall’art. 27 Cost. , comma 2 concerne le garanzie relative all’attuazione della pretesa punitiva dello Stato e non può , quindi applicarsi , in via analogica o estensiva , all’esercizio da parte del datore di lavoro della facoltà di recesso per giusta causa in ordine ad un comportamento del lavoratore che possa altresì integrare gli estremi del reato , se i fatti commessi siano di tale gravità da determinare una situazione di improseguibilità , anche provvisoria,  del rapporto , senza necessità di attendere la sentenza definitiva di condanna , non essendo a ciò  di ostacolo neppure la circostanza che il contratto collettivo di lavoro preveda la più grave sanzione disciplinare solo qualora intervenga una sentenza definitiva di condanna “ ( così in motivazione Cass. 13955/2014; in senso conforme Cass.  29825/2008 ). Corte di appello di Milano, Sentenza n. 416/2017 pubbl. il 14/02/2017, Presidente estensore dott. Picciau.

 

 

 

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.