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La Corte Costituzionale afferma che contro l'ordinanza sul licenziamento decide lo stesso giudice che l'ha emessa

Corte Costituzionale, sentenza 29 aprile – 13 maggio 2015, n. 78.

 La legge Fornero, n. 92 del 2012, entrata in vigore il 18 luglio, prevede che quando si impugna un licenziamento e si chiede l'applicazione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, con la reintegrazione nel posto di lavoro, si debba seguire un particolare rito processuale e che in questo rito non possono essere proposte domande diverse da quelle aventi ad oggetto la reintegrazione nel posto di lavoro.

Questa particolare procedura prevede un primo grado, con una prima fase sommaria, che si chiude con la pronuncia di un’ordinanza; contro l'ordinanza può essere proposta opposizione che si introduce con un ricorso aventi i criteri del ricorso ordinario avanti lo stesso tribunale.  Questa seconda fase della causa di 1^ grado relativa all’opposizione si conclude con la pronuncia di una sentenza. Contro la sentenza è proponibile reclamo in Corte d'Appello. Contro la sentenza della corte di appello è proponibile ricorso per Cassazione.

La questione che si è posta è se la persona fisica del giudice della fase sommaria del primo grado avanti il tribunale possa essere la medesima della fase di opposizione che ha pronunciato l’ordinanza.

La querelle ha suscitato ampio dibattito tra i giudici e gli avvocati con posizioni opposte e trasversali.

A Milano,, all'entrata in vigore della legge nel 2012,  il presidente del tribunale ha disposto che la causa di opposizione all'ordinanza fosse decisa dallo stesso giudice che l'aveva pronunciata. Chi contestava questa scelta ha proposto istanza di ricusazione sulla designazione dello stesso giudice. Sulle procedure di ricusazione, alcune sezioni del tribunale ordinario di Milano hanno rigettato le istanze mentre altre sezioni le hanno accolte. La corte di appello, sezione lavoro di Milano, ha ritenuto che l'opposizione dovesse essere assegnata ad altra persona fisica; coerentemente con questo indirizzo, la Corte di Appello ha ritenuto di dichiarare la nullità della sentenza di primo grado decisa dallo stesso giudice ma senza particolari conseguenze negative sui tempi e sulle attività, perchè con la stessa sentenza si decideva anche il merito.

La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla corretta interpretazione da dare alla nuova normativa, ha affermato che " il fatto che entrambe le fasi di detto unico grado del giudizio possano essere svolte dal medesimo magistrato non confligge con il principio di terzietà del giudice e si rivela, invece, funzionale all’attuazione del principio del giusto processo, per il profilo della sua ragionevole durata. E ciò a vantaggio anche, e soprattutto, del lavoratore, il quale, in virtù dell’effetto anticipatorio (potenzialmente idoneo anche ad acquisire carattere definitivo) dell’ordinanza che chiude la fase sommaria, può conseguire una immediata, o comunque più celere, tutela dei propri diritti, mentre la successiva, ed eventuale, fase a cognizione piena è volta a garantire alle parti, che non restino soddisfatte dal contenuto dell’ordinanza opposta, una pronuncia più pregnante e completa."

Corte Costituzionale, sentenza 29 aprile – 13 maggio 2015, n. 78.

Il testo integrale della sentenza della corte costituzionale è quello riportato nel documento Corte Costituzionale, Sentenza sul rito Fornero.