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Orlando Furioso all’Unicredit

tag  News  licenziamento  unicredit  molestie  collega 

16/03/2020

Finale senza rinsavimento e con il licenziamento per giusta causa

Un impiegato dell’Unicredit di Cologno Monzese in modo ripetuto e nel tempo incomincia ad inviare messaggi e inviti a due colleghe di lavoro che sono infastidite dalle sue avances, dalle sue telefonate, dalle sue email dai suoi inviti, dai suoi approcci in ufficio e al bar. 

Le colleghe infastidite  informano i dirigenti dell’azienda di questo comportamento disturbante  per far sì che il collega ponga  fine alle sue iniziative che erano  non gradite e innoportune.

L’azienda interviene prontamente invitando il lavoratore a desistere dalla sua condotta stigmatizzando i suoi reiterati, intollerabili, importuni comportamenti consistenti in ripetuti, continuati e sgraditi approcci, inviti e richieste di incontro anche tramite la posta elettronica aziendale. Ma l’interessato, interloquendo con il suo superiore,  rivendica la sua libertà di reiterare le condotte, incurante del fastidio e del disagio procurati alle colleghe (“ Tu non mi  puoi  impedire di scriverle e vederla , io vado e faccio quel cazzo che mi pare “)  e lo mostra anche nei fatti che non intende in alcun modo desistere allorché si mette ad urlare nei bagni dell’ ufficio  frasi del tutto fuori luogo (“Elena, sei bellissima, vorrei scopare con te”… “Come mi ti farei”… “ quanto mi piaci “ ), non ritenendo evidentemente il suo comportamento disdicevole.  L’azienda, nell’adempimento dei suoi  obblighi  datoriali di garanzia e  protezione della salute e di sicurezza  delle  proprie dipendenti, gli contesta formalmente i fatti, che sono di rilevanza disciplinare, e all’esito della procedura di contestazione lo licenzia per giusta causa. L’impiegato impugna il licenziamento ma il tribunale, sia in fase sommaria che nella fase dell’opposizione, respinge la sua domanda di reintegrazione nel posto di lavoro e dichiara pienamente legittimo il licenziamento, con la definitiva espulsione per giusta causa. Analoga decisione è stata assunta dalla Corte di Appello di Milano.

I giudici hanno ritenuto che quel comportamento “non solo è stato posto in essere in aperta e ritenuta violazione delle disposizioni aziendali,  ma denota una mancanza di rispetto del ricorrente nei confronti delle lavoratrici vittime delle sue attenzioni ripetute e sgradite, nonché un profondo disinteresse per il turbamento e disagio provocato a quest’ultime dai continui, inopportuni approcci ed inviti”. I plurimi comportamenti configurano la tipica fattispecie dello stalking.  I giudici nell’occasione hanno severamente stigmatizzato il comportamento tenuto dal dipendente nei confronti dei suoi superiori che lo invitavano a desistere da quelle condotte  allorché li ha qualificati come “ porci , animali , coglioni, teste di cazzo, obesi”.

L’azienda nell’occasione aveva l’obbligo ai sensi dell’art. 2087 del codice civile di intervenire e far sì che cessassero con immediatezza quelle situazioni che creavano nelle persone che ne erano vittima condizioni di ansia , insicurezza , disagio e fastidio. Il dipendente è stato correttamente licenziato per giusta causa stante la irrimediabile lesione del rapporto fiduciario alla base del rapporto di lavoro.  Corte di Appello di Milano sez. Lavoro sentenza n. 439 del 4 marzo 2020.

A noi che raccontiamo questa storia non resta che concludere con l'Ariosto: “Altri in amar lo [il senno] perde, altri in onori, altri in cercar, scorrendo il mar, ricchezze; altri ne le speranze de' signori, altri dietro alle magiche sciocchezze; altri in gemme, altri in opre di pittori, et altri in altro che più d'altro apprezze.”

 Per la consulenza telefonica veloce3755636646.

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