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Se le mansioni sono identiche, la posizione del dirigente da licenziare deve essere soggettivamente comparata

lo dice la Corte di appello di Milano

Il fatto.

Un dirigente è stato assunto con funzioni di Associate Partner. Successivamente, è stato licenziato insieme ad altri 25 dirigenti che prestavano la loro opera distribuiti su varie sedi del terrritorio nazionale. Le ragioni del licenziamento risiedevano nell'esigenza di riorganizzare e ridimensionare la struttura dell'organico, con la soppressione della posizione lavorativa; in azienda, però, sono rimaste le funzioni di Associate Partner che continuavano ad essere svolte da altri dirigenti rimasti in forza. Il dirigente licenziato ha impugnato il licenziamento  avanti il Tribunale di Milano, che gli ha respinto la domanda. La corte di Appello, chiamata a pronunciarsi, ha riformato la sentenza, affermando l’illegittimità del licenziamento  a causa della mancata comparazione soggettiva tra il dirigente licenziato e gli altri dirigenti rimasti in forza.

Per l’interesse del principio giuridico affermato dalla corte di appello, riportiamo la motivazione della sentenza:

“ Il collegio è pienamente consapevole dell’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità per il quale la giustificatezza del licenziamento del dirigente è fattispecie - contrattuale collettiva- diversa da quella - legale - di giustificato motivo, essendo qualificata solo dalla non arbitrarietà e rispettosità dei principi di correttezza e buona fede (cfr. tra le recenti: Cass. 20 giugno 2016 n. 12668), nonché dalla ragionevolezza e serietà del motivo di recesso, da accertarsi secondo un equo contemperamento dei contrapposti interessi ex art. 1371 c.c., applicabile appunto in quanto si tratta di ipotesi contrattuale collettiva. In particolare, la corte condivide la tesi secondo cui non appartiene alla fattispecie de qua il c.d. obbligo di repechage e comunque il carattere di extrema ratio della decisione espulsiva. Ciò nonostante, nel verificare il rispetto dei canoni della ragionevolezza, della correttezza e della buona fede - e a fortiori del rispetto dell’equo contemperamento degli opposti interessi di datore di lavoro e di lavoratore - non può non considerarsi che quando, come nel caso di specie, una posizione lavorativa venga soppressa ma altre analoghe siano conservate, vale a dire permangano al lavoro altri dirigenti svolgenti la medesima funzione, tali canoni richiedono l’indicazione e la prova delle ragioni della scelta in una logica di comparazione. Ciò è stato affermato dalla Corte di cassazione con riguardo al giustificato motivo di licenziamento di cui all’ art. 3 l. n. 604 del 1966 (cfr. : Cass. 21 dicembre 2001, n. 16144 e le numerose altre decisioni che sono seguite), la cui diversità dalla nozione di giustificatezza qui non rileva, in un caso e nell’ altro operando i comuni, suddetti canoni.”

Non essendo stata data prova della comparazione soggettiva, l’azienda è stata condannata a corrispondere al dirigente l’indennità supplementare che ha quantificato un 15 mensilità di retribuzione.

(Corte di  appello di Milano, Sezione Lavoro, sentenza n. 313/2017 presidente e giudice relatore dott.ssa Vitali).

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

Termini di decadenza per l'impugnazione del licenziamento

Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta' del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo. Legge 604/1966

Tentativo preventivo di conciliazione

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, qualora disposto da un datore di lavoro che occupi più di 15 addetti, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore. Nella comunicazione il datore di lavoro deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonche' le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione. La comunicazione contenente l'invito si considera validamente effettuata quando e' recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero e' consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. La procedura si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l'incontro. La mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione e' valutata dal giudice nel successivo ed eventuale contenzioso giudiziario. Legge 604/1966 art. 7.

Durante la prova si può licenziare anche verbalmente

Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto e devono essere indicati i motivi. I lavoratori assunti in prova  possono essere licenziati anche oralmente. Ma è consigliabile usare anche per essi la forma scritta con la motivazione del mancato superamento della prova. Legge 604/1966