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Il patteggiamento penale costituisce prova contro il lavoratore licenziato per motivi disciplinari.

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14/04/2018

Cassazione sez. lavoro num. 9126 12 aprile 2018.

Un lavoratore è stato accusato dalla Procura della Repubblica di aver detenuto alcune piantine di marijuana e di altri attrezzi quali una trincia tabacco per la preparazione di sigarette e composti di pipa, sacchetti di plastica , alcuni semi di marijuana; nell’ipotesi accusatoria vi era anche l’ipotesi dello spaccio di sostanze stupefacenti. Il lavoratore avanti il giudice penale ha ritenuto di dover patteggiare la pena e chiudere il procedimento penale con una pena concordata con il pubblico ministero.

Il datore di lavoro, a chiusura del procedimento penale definito con il patteggiamento, ha contestato al lavoratore, che svolgeva mansioni di autista, i fatti oggetto del capo di imputazione e la loro incompatibilità con le mansioni di autista. A conclusione della procedura, ha intimato il licenziamento disciplinare. Il tribunale e la corte di appello hanno dichiarato legittimo il licenziamento.

Avanti la Cassazione si discuteva tra le parti se fosse valida la sentenza di patteggiamento penale nella causa civile introdotta dal lavoratore contro il datore di lavoro, al fine di valutare la legittimità del licenziamento disciplinare. La Cassazione ha riaffermato il principio secondo il quale ha valenza probatoria nel giudizio disciplinare la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. che costituisce “un indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione. La sentenza di applicazione della pena patteggiata, pur non potendosi configurare come sentenza di condanna, presuppone comunque un’ammissione di colpevolezza”. Il licenziamento disciplinare è stato definitivamente ritenuto legittimo perché è stato riconosciuta l'esistenza diretta del nesso causale tra le mansioni di autista pubblico e l’uso delle sostanze stupefacenti. Questo nesso causale non consentiva certamente la prosecuzione del rapporto di lavoro. Cassazione sez. lavoro num. 9126 12 aprile 2018.

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