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Spetta il preavviso o l’indennità sostitutiva al lavoratore che cessa il suo rapporto di lavoro per essere assunto dall'impresa subentrante nell'appalto

A nulla rileva che non abbia avuto un solo giorno di sofferta disoccupazione

Un lavoratore è stato licenziato perché il datore di lavoro ha cessato il contratto di appalto presso il quale utilizzava il lavoratore. Il servizio oggetto dell'appalto è stato concesso  dal committente ad un'altra impresa appaltatrice che ha provveduto, senza soluzione di continuità, ad assumere alle sue dipendenze il lavoratore. L'impresa cessante, assumendo a suo favore la circostanza che il lavoratore aveva proseguito normalmente la sua attività lavorativa con la nuova impresa subentrante, ha ritenuto non sussistente l'obbligo di dover corrispondere il preavviso o l'indennità sostitutiva al lavoratore che aveva licenziato.

Il lavoratore ha reagito rivolgendosi al Tribunale e chiedendo il pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso. Il tribunale ha accolto la sua domanda e ha  condannato il datore di lavoro a corrispondere l'indennità sostitutiva del preavviso. La Corte di Appello ha confermato la sentenza del tribunale.

L'impresa non soddisfatta della decisione dei giudici del tribunale e della corte di appello ha proposto ricorso in cassazione.

La Corte di Cassazione ha posto fine alla lite rigettando il ricorso dell'impresa motivando la sua decisione sulla circostanza giuridica che nelle attività appaltate non vi è continuità del rapporto di lavoro tra impresa cessante e impresa subentrante. Il rapporto  di lavoro che l'impresa subentrante stipula con il lavoratore già utilizzato nello stesso appalto è nuovo rispetto a quello cessato. Conseguentemente egli ha diritto al preavviso o all'indennità sostitutiva nel caso in cui questo preavviso non fosse concesso o non fosse stato lavorato per volontà aziendale.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 ottobre – 1 dicembre 2015, n. 24429

Le dimissioni per giusta causa.
Il lavoratore può presentare le dimissioni immediate, per giusta causa, senza concedere al datore di lavoro il preavviso previsto dalla legge e dal contratto collettivo.Le dimissioni per giusta causa si presentano se il datore di lavoro si renda inadempiente ai suoi obblighi contrattuali; l'inadempimento è configurabile, innanzitutto, nella mancata corresponsione della retribuzione o dei vari istituti di natura economica previsti dal contratto di lavoro. Si possono presentare le dimissioni per giusta causa anche in presenza di mobbing o di inosservanza delle misure di sicurezza e antinfortunistiche. L'inadempimento del datore di lavoro deve essere di un certo valore. Il mancato versamento dei contributi previdenziali non è stato ritenuto motivo per la presentazione delle dimissioni per giusta causa perché il datore di lavoro è obbligato a questi pagamenti nei confronti di un soggetto terzo e non direttamente nei confronti del lavoratore anche se ne è il beneficiario. La lettera di dimissione deve indicare in maniera specifica il motivo della presentazione delle dimissioni. Se le dimissioni sono state correttamente presentate, il lavoratore ha diritto ad avere il pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso; in caso contrario questo diritto spetta al datore di lavoro, che potrà trattenere direttamente a l'importo dalla busta paga.

Dimissioni e maternità

La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida e' sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.