22/01/2014
La recente sentenza n. 17739 dell’agosto del 2011, in cui la Cassazione ha dichiarato illegittimo il licenziamento del cassiere colpevole di avere sottratto “soltanto” una piccola somma di denaro non può non destare perplessità.
I fatti sono lineari: il cassiere di un grande magazzino, dopo quattordici anni di carriera, sottraeva dalla cassa meno di cinque euro, veniva scoperto e licenziato per giusta causa. Il Tribunale di Bergamo in primo grado riteneva il licenziamento legittimo, mentre in secondo grado la Corte d’Appello di Brescia ribaltava la precedente decisione e ordinava non solo la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, ma anche il risarcimento del danno pari alla retribuzione globale maturata dal licenziamento alla reintegrazione con gli accessori di legge.
Nel ricorso in Cassazione l’azienda datrice di lavoro sosteneva che la Corte d’Appello avesse indebitamente tenuto conto solo della tenuità del danno e dell’assenza di recidiva e non anche del grado di affidamento necessario per svolgere la mansione di cassiere e dell’elemento intenzionale.
La Suprema Corte ha accolto la difesa del lavoratore affermando che la sanzione di licenziamento per giusta causa deve essere proporzionata al fatto commesso, e per far ciò deve essere preso in considerazione ogni comportamento che “per la sua gravità sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali.”
Nel caso di specie, ad avviso della Cassazione, la scorrettezza del comportamento poteva essere oggetto di una sanzione di minore gravità, in particolare di tipo conservativo come la sospensione dal lavoro a tempo determinato; infatti “l’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solo in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore, ovvero addirittura tali da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto”.
Milano 10/10/2011
Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi
Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).
La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.
L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003).
ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.
ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.
ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.
In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.