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Il datore di lavoro ha l'obbligo, se richiesto, di consegnare al lavoratore il libro unico del lavoro e il registro delle presenze

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11/06/2020

Serve per documentare la prestazione lavorativa resa

Un lavoratore ha chiesto al tribunale che fosse ingiunto al suo datore di lavoro di consegnargli il registro delle presenze e l'estratto del libro unico del lavoro. Il tribunale ha accolto la domanda ed ha concesso il decreto ingiuntivo contro l'azienda per la consegna di questa documentazione.

Il datore di lavoro ha promosso opposizione al decreto ingiuntivo sostenendo che l'unico documento a cui il lavoratore aveva diritto era solo la busta paga e non anche l'altra documentazione ingiunta nell'ordinanza di consegna del tribunale. L'opposizione al decreto ingiuntivo  è stata respinta. Il tribunale ha motivato la sua decisione riconoscendo il diritto del lavoratore ad avere il registro delle presenze e l'estratto del libro unico del lavoro.

Il datore di lavoro, non soddisfatto della decisione, ha proposto ricorso in appello.

La corte di appello di Milano, però, ha confermato integralmente la sentenza del tribunale. Per la corte d'appello il libro unico del lavoro equivale ad un cedolino paga integrato con i dettagli della presenza del lavoratore. Il libro unico serve anche a documentare ad ogni lavoratore lo stato del suo rapporto di lavoro. Per la corte di appello sussiste un legittimo interesse del dipendente "ad acquisire informazioni più precise riguardanti il proprio rapporto lavorativo…;" Il rifiuto del datore di lavoro appare, alla luce dei principi generali del nostro ordinamento "assolutamente immotivato e, conseguentemente, non meritevole di tutela poiché, da un lato, non si ravvisa alcun intento emulativo o strumentale da parte del lavoratore e, dall'altro non si riscontra una particolare gravosità e/o onerosità delle operazione richiesta alla società per soddisfare la richiesta informativa". La corte di appello a sostegno della decisione assunta ha richiamato la deliberazione numero 53 del 2006 del garante che ha rimarcato il diritto del lavoratore di accedere ai dati personali che lo riguardano.

Corte di appello di Milano sentenza numero 297, depositata in cancelleria l'1 marzo 2018

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