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I contributi previdenziali devono essere versati anche se il lavoratore è in permesso non retribuito

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03/01/2020

L’esclusione dell’obbligo contributivo vale solo per i casi previsti dalla legge, dai decreti ministeriali e dai contratti collettivi

La Sele Costruzioni srl, che opera nel settore dell'edilizia, ha concluso con i suoi lavoratori dipendenti dei singoli accordi in esecuzione dei quali ha concesso come aspettativa, per motivi personali e familiari, dei permessi eccedenti le 4 settimane annue previsti dal contratto collettivo del settore edile sottoscritto da Cgil Cisl Uil. Su questi giorni di aspettativa, eccedenti le 4 settimane annue previste esplicitamente dal contratto collettivo, la società datoriale non ha versato i contributi previdenziali. L’Inps, invece,  ha richiesto il versamento. La corte di appello di Brescia ha accolto la domanda dell’Inps sostenendo che l'obbligo del versamento contributivo non è venuto meno perché quei giorni di aspettativa concessi oltre alla quantità prevista dal contratto collettivo sono frutto di "libera scelta delle parti" che non hanno il potere di incidere in materia di obbligazione contributiva. Se la sospensione del rapporto di lavoro deriva da una libera scelta del datore di lavoro e costituisce il risultato di un accordo tra le parti, continua a permanere integro l'obbligo contributivo a favore dell'Inps.

L'esclusione dell'obbligo contributivo, per le assenze dal lavoro è prevista tassativamente per legge, per decreto ministeriale e per contratto collettivo: I casi di esclusione dall'obbligo sono tutti caratterizzati dal comune denominatore che è la legge ad imporre al datore di lavoro di sospendere il rapporto di lavoro e non la semplice comune volontà del datore di lavoro e del lavoratore.

Nel caso in cui vi fosse una sospensione delle attività aziendali,  per poter operare l'astensione dall'obbligo di versare i contributi occorre che questa sospensione sia "previamente comunicata agli enti previdenziali in modo da consentirne gli opportuni controlli". La sospensione dell'attività aziendale, costituisce un elemento oggettivo che la distingue dall’ipotesi di una mera sospensione consensuale del singolo rapporto di lavoro.

La Cassazione ha definitivamente sancito la condanna dell'azienda a versare i contributi richiesti dall’Inps per le ore eccedenti le 4 settimane  annue di permessi  non retribuiti che potevano essere concessi  legittimamente nel rispetto delle previsioni del contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro. Cassazione sezione lavoro sentenza numero 4690 depositata il 18 febbraio 2019.