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Chi assiste un familiare con handicap non ha diritto a maggiore punteggio nei criteri di scelta del licenziamento collettivo

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17/10/2019

La legge non lo prevede e non viola nessun principio costituzionale

La Corte di appello di Roma, pronunziando in sede di reclamo, ha confermato il rigetto della domanda di un lavoratore licenziato a conclusione della procedura di licenziamento collettivo. La Corte di appello, nella sua motivazione, ha affermato che la fruizione dei permessi per l'assistenza di familiare disabile non costituiva titolo, ai sensi della legge n. 223 del 1991, per l'attribuzione di un punteggio preferenziale nell'ambito dei lavoratore licenziabili.

Il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione denunziando la illegittimità costituzionale dell'art. 5 della legge n. 223 del 1991 per violazione dell'art. 3 e dell'art. 4 Cost. nella parte in cui, in relazione al criterio dei carichi di famiglia, non prevedeva, in sintesi, un trattamento differenziato e più favorevole per il lavoratore con a carico un familiare disabile. Per il lavoratore la esistenza di una situazione di disabilità della quale deve farsi carico giustificherebbe, ex se, il riconoscimento di un titolo aggiuntivo da considerare positivamente nella determinazione del punteggio da assegnare per i carichi di famiglia.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso affermando che “la mancata specifica considerazione tra i carichi di famiglia ex art. 5 legge n. 223 del 1991 della situazione di disabilità non evidenzia alcuna incoerenza né con la complessiva finalità della legge n. 223 del 1991, la quale, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha inteso introdurre un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato "ex post" nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell'iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell'impresa, devoluto "ex ante" alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione, sia con la stessa ratto dell'art. 5 in tema di criteri legali di selezione dei lavoratori da licenziare, che hanno un ruolo residuale e sono ispirati all'esigenza di considerazione complessiva della situazione, anche personale, con riferimento ai carichi di famiglia di ciascun lavoratore. In tale contesto, non venendo in rilievo specifiche esigenze di tutela del disabile, neppure prospettate dalla parte ricorrente, né violazione del criterio di ragionevolezza nel senso sopra precisato, non vi è spazio per la configurazione di incostituzionalità, in relazione ad entrambi i parametri indicati ( art. 3 e art. 4 Cost.), della norma in tema di criteri legali di scelta dei lavoratori non essendo a tal fine sufficiente la mera considerazione, legata al dato empirico e non normativamente qualificato, della disparità di situazione tra il lavoratore con familiari disabili rispetto a quello che, invece, e quello che, invece, deve farsene carico”. Cassazione Sent. Sez. L   Num. 25580.  Data pubblicazione: 10/10/2019.

Sull'argomento leggi anche NELLA PROCEDURA DI LICENZIAMENTO COLLETTIVO OCCORRE INDICARE IN MODO SPECIFICO I CRITERI DI SCELTA DEL PERSONALE CHE SI LICENZIA


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 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003).