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La commessa dà al marito i buoni sconto della tessera promozionale di un cliente per un valore di 24 euro: licenziata immediatamente

La Cassazione ha confermato la sanzione per la irreversibile lesione del vincolo fiduciario

A una cassiera presso un punto vendita della società datrice di lavoro è stato contestato di aver omesso di consegnare 8 buoni sconto del 10% sulla spesa alla cliente che era titolare di una tessera promozionale, per un valore complessivo di € 24; questi buoni sono stati  risultati come spese presso il punto vendita dal marito della cassiera il giorno successivo all'omessa consegna alla cliente. I buoni sconto erano collegati a un numero identificativo della tessera che apparteneva ad una cliente che, interpellata dall'azienda, aveva dichiarato di averla smarrito tempo prima. Dal filmato del servizio di video sorveglianza del punto vendita era ritratto il consorte della commessa mentre pagava presso la cassa utilizzando dei buoni, poi risultati emessi tutti a poca distanza di tempo e collegati tutti ad una stessa tessera. La corte di appello aveva concluso, analizzando i vari indizi, sull'esistenza del raggiungimento della prova in ordine al volontario e indebito utilizzo dei buoni spesa da parte della commessa spettanti ad altri clienti. Su questi indizi ha riformato la sentenza del tribunale dichiarando la piena legittimità del licenziamento.

La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte di Appello ricollegando i fatti alla fattispecie penale della truffa stanti i raggiri posti in essere dalla lavoratrice che hanno leso in modo irreparabile l'elemento fiduciario del contratto di lavoro "indipendentemente da una valutazione economica dell'entità del danno causato alla datrice di lavoro, certamente non rilevante". Per la Cassazione, la corte di appello ha "correttamente utilizzando il ragionamento probatorio presuntivo secondoi principi scaturenti dalla norma di cui all'articolo 2729 codice civile, ha ricavato dall'esame dei fatti secondari, dotati dell'efficacia probatoria di gravità, precisione e concordanza, la prova del fatto principale: la consapevole volontà della lavoratrice di utilizzare per sé, con la complicità del marito, i buoni sconto che aveva abbinato ad una tessera smarrita tempo addietro dalla proprietaria". Il ricorso della lavoratrice è stato così definitivamente respinto per avere essa violato i principi di correttezza, di buona fede e di fedeltà.
Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 11.181 depositata il 23 aprile 2019

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.