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Quale contratto collettivo ai soci lavoratori di cooperativa del settore pulizie?

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22/02/2019

Il ccnl multiservizi di Cgil cisl uil e non della Cisal, lo dice d'imperio la Cassazione

Una cooperativa al suo socio lavoratore applica il contratto collettivo del commercio e dei portieri e custodi sottoscritto dalla Cisal. La corte di appello ha ritenuto corretta, invece, la diversa applicazione del contratto collettivo multiservizi sottoscritto da Cgil Cisl Uil. Per la corte di appello il contratto collettivo commercio della Cisal, oltre ad essere sottoscritto da una sola sigla sindacale (la Cisal), è riferibile alla prestazione di servizi in ogni settore merceologico del terziario mentre il contratto collettivo dei portieri custode disciplina il rapporto di lavoro alle dipendenze dei proprietari dei fabbricati e per addetti ad amministrazioni immobiliari o condominiali. Il contratto multiservizi, invece, è sottoscritto da una pluralità di sigle sindacali e disciplina specificatamente il settore merceologico dell'attività lavorativa prestata dal socio della cooperativa.

La corte di cassazione ha confermato la sentenza della Corte di Appello affermando quanto segue:
"La L. n. 142 del 2001, nell'ottica di estendere ai soci lavoratori di cooperativa le tutele proprie del lavoro subordinato, ha disposto all'art. 3, comma 1, che: "Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300, le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo....

Sulla stessa linea si colloca la previsione dell'art. 6, comma 2, della medesima legge che, a seguito delle modifiche introdotte dall'art. 1, comma 9,
lett. f), L. n. 30 del 2003, ha stabilito come il rinvio ai contratti collettivi nazionali operasse solo per il "trattamento economico minimo di cui all'articolo
3, comma 1", escludendo che il regolamento cooperativo potesse contenere disposizioni derogatorie in peius rispetto a tale trattamento minimo.
In questo contesto è intervenuto il D.L. n. 248 del 2007, convertito in L. n. 31 del 2008, che all'art. 7 comma 4 ha previsto: "Fino alla completa attuazione
della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le
società cooperative che svolgono attività ricomprese nell'ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi
dell'articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati
dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria".
La corte continua affermando che la normativa sulle cooperative "si propone di contrastare forme di competizione salariale al ribasso, in linea con l'indirizzo
giurisprudenziale che, da tempo, ritiene conforme ai requisiti della proporzionalità e della sufficienza (art. 36 Cost.) la retribuzione concordata nei
contratti collettivi di lavoro firmati da associazioni comparativamente più rappresentative", (in tal senso anche Cass. n. 17583 del 2014; n. 19832 del
2013)...
La scelta legislativa di dare attuazione all'art. 36 Cost., fissando standard minimi inderogabili validi sul territorio nazionale, a tal fine generalizzando l'obbligo di rispettare i trattamenti minimi fissati dai contratti collettivi conclusi dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative nella categoria, non fa venir meno il diritto delle organizzazioni minoritarie di esercitare la libertà sindacale attraverso la stipula di contratti collettivi, ma limita nei contenuti tale libertà, dovendo essere comunque garantiti livelli retributivi almeno uguali a quelli minimi normativamente imposti. Parimenti, le singole società cooperative
potranno scegliere il contratto collettivo da applicare ma non potranno riservare ai soci lavoratori un trattamento economico complessivo inferiore a quello che il
legislatore ha ritenuto idoneo a soddisfare i requisiti di sufficienza e proporzionalità della retribuzione."


Sent. Sez. Lavoro Num. 5189 Anno 2019 Data pubblicazione: 21/02/2019.

Il contratto collettivo peggiorativo

Nell'ipotesi di successione tra contratti collettivi, le modificazioni "in peius" per il lavoratore sono ammissibili con il solo limite dei diritti quesiti, dovendosi escludere che il lavoratore possa pretendere di mantenere come definitivamente acquisito al suo patrimonio un diritto derivante da una norma collettiva non più esistente, in quanto le disposizioni dei contratti collettivi non si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, ma operano dall'esterno come fonte eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale, sicché le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole (art. 2077 c.c.), che riguarda il rapporto fra contratto collettivo ed individuale. cassazione civile sez. lav.  19 giugno 2014 n. 13960  

Il contratto collettivo non si applica a tutti

I contratti collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell'azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, con l'unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, ne condividono l'esplicito dissenso dall'accordo e potrebbero addirittura essere vincolati da un accordo sindacale separato. Cassazione civile sez. lav.  18 aprile 2012 n. 6044