20/04/2017
Un ex fidanzato con condotte reiterate minacciava e molestava la ex compagna, in particolare: piantonava la sua abitazione, effettuava al suo indirizzo numerose telefonate dai contenuti minacciosi ed ingiuriosi, le inviava numerosi s.m.s., la pedinava per poi minacciarla di sparare alle gambe a lei ed ai suoi congiunti, si presentava presso il luogo di lavoro minacciando il titolare del bar di dare fuoco al locale se non avesse licenziato la ex compagna, si presentava presso il luogo di lavoro minacciando che avrebbe rapito il figlio, così cagionando nella ex compagna. un perdurante e grave stato di ansia e di paura, nonché un fondato timore per l’incolumità propria e dei prossimi congiunti, costringendola ad alterare le proprie abitudini di vita; con l’aggravante di aver commesso il fatto in danno di persona a cui è stato legato da relazione affettiva. L'autore di queste gravi comportamenti è stato condannato dal tribunale per essersi reso responsabile del reato di cui all'articolo 612 bis, commi 1 e 2 del codice penale.
Il condannato, non si è ritenuto soddisfatto della decisione pronunciata dalla corte di appello che lo ha duramente condannato ed ha proposto ricorso in cassazione. La corte di cassazione, però, ha confermato la sentenza di condanna affermando che era del tutto irrilevante l'assenza di documentazione medica sulla persona della danneggiata "essendo sufficiente che si sia verificato l'effetto destabilizzante" e si sia verificato "un grave stato di turbamento e di terrore, oltre al mutamento delle condizioni di vita" da parte dell'ex compagna. Per la corte di cassazione nella configurazione del reato in esame, "non si richiede l’accertamento di uno stato patologico, risultando sufficiente che gli atti abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima".Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 18646/17; depositata il 14 aprile