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Non occorre l’affissione del codice disciplinare se si violano i principi etici


Si riporta di seguito la massima della corte di cassazione.
“Infondato è anche l'ulteriore motivo con cui la ricorrente denuncia nullità del licenziamento per difetto di comunicazione ed affissione del codice disciplinare ossia violazione dell'art. 7 l. n. 300/70 e dell'art. 2119 c.c. nonché omessa ed insufficiente motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.).
Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, non è necessario l'adempimento dell'affissione quando il licenziamento venga intimato per comportamenti, “il cui divieto (sia o no penalmente sanzionato) risiede nella coscienza sociale quale minimo etico” e comunque concretanti violazioni dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro” (ex plurimis, Cass. 16 maggio 2001 n. 6737).
Nella specie, appare pienamente condivisibile il rilievo svolto dalla sentenza della Corte di Firenze, la quale, dopo avere rimarcato che la gravità della condotta non poteva sfuggire alla lavoratrice addetta a mansioni di cassa, con maneggio di denaro, ha sostenuto che, nell'espletamento di un tal genere di compiti, “il dipendente, a prescindere dall'esistenza di uno specifico codice disciplinare, non può non ignorare il disvalore sociale di un qualsiasi atto che sia diretto ad acquisire un vantaggio economico approfittando della sua mansione”.
Cassazione - Sezione lavoro - sentenza 13 gennaio - 4 marzo 2009, n. 5214.
Milano 12/03/2009

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.