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Qualificazione giuridica della prestazione come volontaria e gratuita

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16/01/2014

La volontà delle parti ha ben scarso valore di legge

Per definire una prestazione lavorativa gratuita perché resa volontariamente dal prestatore d'opera occorre che non vi sia la corresponsione di alcun compenso. Nei casi in cui vi sia, invece, un rimborso delle spese è necessario che si tratti di un "mero rimborso" ("spese vive") documentato che non infici la gratuità e la spontaneità della prestazione. Se il rimborso delle spese supera questo limite la prestazione deve essere qualificata come prestazione lavorativa. Questa prestazione potrà essere qualificata come subordinata o autonoma o occasionale ma, comunque, resta prestazione lavorativa a titolo oneroso, con tutti gli obblighi previdenziali e fiscali conseguenti. 
La qualifica, se lavoro autonomo o parasubordinato, sarà determinata con riferimento alle effettive e specifiche modalità di espletamento dell'attività lavorativa. Se la prestazione è avvenuta con vincoli direttivi, gerarchici e disciplinari, sarà qualificata come subordinata se, invece, è avvenuta senza questi requisiti sarà qualificata come parasubordinata o autonoma. Non è, comunque, sufficiente per la qualificazione del rapporto di lavoro che le parti abbiano qualificato la prestazione come volontaria. Questa loro volontà deve sempre corrispondere alle effettive modalità della prestazione stessa. Se nella realtà effettiva mancano questi elementi della volontarietà e gratuità, la volontà delle parti non ha nessun valore giuridico.
Questi principi sono stati ulteriormente ribaditi dalla sentenza della Corte di Cassazione Sezione lavoro, n. 12964/08.
Milano 20 luglio 2008.