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Se il lavoratore maneggia denaro, gli spetta sempre l’indennità cassa

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03/01/2020

Anche se non è previsto esplicitamente l’obbligo di dover ripianare gli eventuali ammanchi

La Corte d'appello di Roma respingeva l’impugnazione proposto dalla s.r.l. Roma avverso la decisione di primo grado che aveva dichiarato il diritto della lavoratrice alla corresponsione, , dell'importo complessivo di euro 3.037,29 a titolo di indennità di cassa, oltre accessori di legge. Dalla prova testimoniale assunta “era emerso che la lavoratrice, addetta alla reception, aveva accesso alla cassaforte ove riponeva gli incassi, gestiva un piccolo fondo cassa per le spese di ordinaria amministrazione ed era addetta alla effettuazione della "quadratura giornaliera, settimanale e mensile" degli importi presenti in cassa; che l'art. 148 c.c.n.l. applicato prevedeva che, ove al dipendente addetto con continuità ad operazioni di cassa facesse capo la piena e completa responsabilità della gestione di cassa, con obbligo di accertarsi delle eventuali differenze, competesse un'indennità di cassa e di maneggio denaro nella misura del 5% della paga base nazionale conglobata di cui all'art. 138 parte II del c.c.n.1; che nella fattispecie doveva, pertanto, riconoscersi come spettante alla lavoratrice  la prevista indennità contrattuale. “ il contratto collettivo è quello del commercio.

Contro la sentenza  l’azienda ha proposto ricorso in cassazione. Lamentando che i giudici non avessero considerare la circostanza relativa al fatto che la lavoratrice non avesse l’obbligo di ripianare economicamente gli eventuali ammanchi o errori di cassa. Diversamente, senza questo obbligo, si avrebbe il  “risultato, non accettabile, di riconoscere ad ogni dipendente che nell'esercizio delle sue mansioni maneggi danaro e debba rendicontare ai superiori sul proprio operato il diritto a percepire l'indennità di cassa;”.

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire che “ai fini del diritto all'indennità di maneggio denaro, la responsabilità per errore, anche finanziaria, è implicita nelle attività di cui l'incasso costituisce la prestazione normale o prevalente, derivando la stessa dall'art. 2104 c.c. che obbliga il dipendente alla diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta (in applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva riconosciuto la suddetta indennità, a prescindere da ogni ulteriore accertamento, a dipendenti che svolgevano in via ordinaria mansioni di cassiere)”. Questo orientamento per la cassazione “ valorizza le mansioni specifiche del cassiere rispetto alle quali il maneggio del denaro, quale aspetto prevalente dell'attività svolta, di cui l'incasso costituisce il profilo principale, induce a ritenere immanente alla attività stessa una responsabilità che deriva direttamente dalle norme codicistiche che obbligano il dipendente alla diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta (art. 2104 c.c.), ...; quest'ultimo, al di là del generico richiamo ad un obbligo di ripianare le perdite verificatesi, non considera che, seppure eventuale, un tale obbligo è nella sostanza congruente con impegno assunto, il quale sottintende l'accettazione di ogni conseguenza economica di un comportamento non conforme allo stesso.”

Concludendo, la cassazione afferma che  “ai fini del riconoscimento dell'indennità maneggio denaro, in relazione anche alla previsione contenuta nella norma contrattuale, ciò che rileva e' l' autonomia nell'espletamento delle mansioni di cassiere e la continuatività e non occasionalità di queste ultime”.

Sentenza Cassazione  Num. 22294 Data pubblicazione: 05/09/2019

Moneta della Grecia ellenistica. Dal museo archeologico nazionale di Taranto.

 

Dimissioni per giusta causa

Dimissioni per giusta causa

Il lavoratore ha la facoltà di risolvere il rapporto di lavoro nel caso in cui  si verifichi una giusta causa che impedisca la prosecuzione del rapporto anche in via temporanea. Se ricorre la giusta causa delle dimissioni lavoratore ha diritto di percepire anche l’indennità di preavviso (art.2119 cod. civ.).

 Non rientra nella  giusta il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa.

 Si configura come  giusta causa di  dimissioni:

 - il mancato o ritardato pagamento della retribuzione o degli istituti di retribuzione differita ( 13^, 14^ ferie, rol, premi aziendali, dequalificazione, la soppressione unilaterale del superminimo pattuito);

   -la riduzione unilaterale del trattamento retributivo

  -la violazione delle norme sull’orario di lavoro, sul riposo giornaliero, e sul riposo settimanale;

 - la mancata regolarizzazione della posizione contributiva;

 - il comportamento offensivo o ingiurioso o mobbizzante  del datore di lavoro;

 - la pretesa del datore di lavoro di prestazioni illecite;

  -la mancata adozione delle misure di sicurezza e di tutela della salute.

  -il trasferimento individuale o collettivo;

   -qualsiasi altro comportamento trasgressivo del datore di lavoro di natura tale da non consentire nemmeno in via provvisoria la prosecuzione del rapporto di lavoro.