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I fatti disciplinari devono essere contestati dal datore di lavoro con tempestività

L’immediatezza della contestazione consente il diritto di potersi difendere in modo efficace

 Il datore di lavoro contesta al responsabile di un suo punto vendita una pluralità di inadempienze agli obblighi contrattuali e lo licenzia: il tribunale e la corte di appello dichiarano la illegittimità del licenziamento intimato al lavoratore,  reintegrandolo nel posto di lavoro e riconoscendogli un risarcimento dei danno pari ad un anno della sua retribuzione globale di fatto percepita.

Il datore di lavoro, non soddisfatto delle decisioni dei giudici di merito, ha proposto ricorso in Cassazione ma anche questa Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, dandogli così definitivamente  torto.

Nella controversia giudiziaria, tra i vari punti, si dibatteva anche  sull’osservanza del principio della tempestività o meno con la quale l’azienda aveva contestato al lavoratore i plurimi fatti che aveva ritenuto di rilevanza disciplinare. Il tribunale e la Corte di Appello hanno ritenuto che questo requisito  nel caso sottoposto al loro esame non fosse stato osservato.

Per la Cassazione dall’istruttoria dei giudici di merito era emerso che la datrice di lavoro aveva avuto piena e immediata conoscenza dei fatti di rilevanza disciplinare. Il ritardo nella “ contestazione dell'addebito non può essere giustificato dal fatto che i diretti superiori gerarchici del lavoratore abbiano omesso di riferire tempestivamente agli organi titolari del potere disciplinare in ordine all'infrazione posta in essere dal dipendente.”

Per la Cassazione “Il principio dell'immediatezza della contestazione mira, da un lato, ad assicurare al lavoratore incolpato il diritto di difesa nella sua effettività, così da consentirgli il pronto allestimento del materiale difensivo per poter contrastare più efficacemente il contenuto degli addebiti, e, dall'altro, nel caso di ritardo della contestazione, a tutelare il legittimo affidamento del prestatore - in relazione al carattere facoltativo dell'esercizio del potere disciplinare, nella cui esplicazione il datore di lavoro deve comportarsi in conformità ai canoni della buona fede - sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto incriminabile”.

La Cassazione ha ribadito che “Come pure è stato ripetutamente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, il criterio dell'immediatezza deve essere inteso in senso relativo, poiché si deve tener conto delle ragioni che possono far ritardare la contestazione, tra cui il tempo necessario per il compimento delle indagini dirette ad accertare i fatti e la complessità dell'organizzazione aziendale “. Cassazione sentenza sezione lavoro n. 28926 Data pubblicazione: 08/11/2019.

I fatti disciplinari, una volta accaduti e accertati nella loro esistenza, devono essere contestati senza indugio, se si vogliono far valere contro il lavoratore. Il ritardo comporta la illegittimità di qualsiasi provvedimento disciplinare, sia delle sanzioni conservative che di quelle espulsive. 

Leggi anche sulle sanzioni disciplinari  Il-codice-disciplinare-aziendale. per approfondire leggi il-codice-disciplinare-aziendale--strumento-di-tutela-dell-impresa.

 

 

 

Il potere disciplinare del datore di lavoro

  Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa. Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. La multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. Articolo 7 dello statuto dei lavoratori

La contestazione non può essere ripetuta.

Si deve  escludere che il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del prestatore di lavoro in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni disciplinari, lo possa esercitare una seconda volta per quegli stessi fatti, in quanto ormai consumato: essendogli consentito soltanto di tener conto delle sanzioni eventualmente applicate, entro il biennio, ai fini della recidiva, nonché dei fatti non tempestivamente contestati o contestati ma non sanzionati per la globale valutazione, anche sotto il profilo psicologico, del comportamento del lavoratore e della gravità degli specifici episodi addebitati. Sentenza Cassazione del 30 gennaio 2018.  

Impugnazione della sanzione. Ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio. Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio. Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione. Art 7 dello Statuto dei lavoratori