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La società autostrade in occasione di uno sciopero non tiene aperta una porta per il deflusso gratuito

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30/03/2019

Le organizzazioni sindacali ritengono il comportamento antisindacale ma la Cassazione è di contrario avviso

Il tribunale di Genova dichiarava come antisindacale il comportamento della Società Autostrade per l’Italia spa perché aveva violato l’obbligo contrattuale assunto con le organizzazioni sindacali di mantenere una pista aperta durante lo sciopero del personale di esazione; obbligo nascente da accordi collettivi richiamati nella disposizione di servizio n. 1/2004 nella quale era previsto che, in caso di sciopero di tutto il personale, la società si vincolava a tenere sempre aperta una porta manuale. Nell’occasione dello sciopero questa porta non era stata aperta.

La corte di appello di Genova non ha condiviso l’interpretazione della disposizione che ne aveva dato il tribunale e ha ritenuto del tutto inesistente l’obbligo aziendale di mantenere, in caso di sciopero di tutto il personale di esazione, una porta manuale aperta, così da consentire, nei fatti, il deflusso del traffico senza pagamento del pedaggio.

Le organizzazioni sindacali hanno fatto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha confermato la sentenza della Corte di appello perché secondo la sua giurisprudenza “nel caso della proclamazione di uno sciopero da parte delle organizzazioni sindacali di categoria, può escludersi il carattere antisindacale della condotta del datore di lavoro che, nell'intento di limitarne le conseguenze dannose, disponga la utilizzazione del personale rimasto in servizio mediante l'assegnazione a mansioni inferiori, solo ove tali mansioni siano marginali e funzionalmente accessorie e complementari a quelle proprie della posizione dei lavoratori così assegnati, dovendosi ritenere, diversamente, che la condotta del datore di lavoro sia lesiva dell'interesse collettivo del sindacato per aver fatto ricadere sui lavoratori non scioperanti le conseguenze negative dello sciopero attraverso il compimento di atti illegittimi perché posti in essere in violazione dell'art. 2103 cod. civ. … l'apertura e la chiusura delle porte da remoto da parte del lavoratore con qualifica superiore non poteva integrare violazione dell'articolo 2103 cod. civ., essendosi trattato di mansioni marginali rispetto ai compiti affidati ed effettivamente svolti dal responsabile dell'esazione. Per quanto concerne i comportamenti demandati ai gestori di tratta, ugualmente, l'intervento sulle piste in caso di malfunzionamento costituiva mansione rientrante di quella di controllo e di vigilanza sulla tratta di competenza e, comunque, anche in questo caso, l'intervento era stato sporadico ed eventuale.”

Per la Cassazione “la norma di cui all'art. 40 della Costituzione, che riconosce e attribuisce direttamente ai lavoratori il diritto di sciopero (e la tutela prevista dall'art. 28 che sanziona ogni comportamento idoneo a ledere il diritto stesso), pur comportando la legittimità della produzione di danni a carico del datore di lavoro, e la soggezione di quest'ultimo ad una tale forma di pressione, tuttavia certamente non esclude il suo diritto - postulato, anzi, dal carattere conflittuale del rapporto - di avvalersi di ogni mezzo legale che possa, senza impedire l'esercizio del diritto, evitarne o attenuarne gli effetti nocivi . Il diritto di iniziativa economica dell'imprenditore (art. 2082 cod. civ.) è costituzionalmente garantito (art. 41 Cost.) e persiste anche in presenza di uno sciopero indetto dai lavoratori e dalle organizzazioni sindacali, trovando, nondimeno, in tale iniziativa - anch'essa costituzionalmente garantita (artt. 4 e 40 Cost.) - il suo limite. “

Cassazione sezione lavoro n. 8670 Anno 2019 Data pubblicazione: 28/03/2019

Repressione della condotta antisindacale.

 Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.

L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore in funzione di giudice del lavoro definisce il giudizio.

Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.

Il datore di lavoro che non ottempera al decreto o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi dell'art. 650 del codice penale.

L'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'art. 36 del codice penale.

Statuto dei lavoratori art.28