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Se non vi è obbligo di vestizione in azienda, il tempo della vestizione/svestizione non è orario di lavoro.

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23/06/2018

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 16249/18; depositata il 20 giugno

Una dipendente in qualità di cassiera del supermercato agisce in tribunale per ottenere il pagamento di somme che afferma esserle dovute a titolo di lavoro supplementare per 20 minuti di ogni giornata lavorativa effettiva che rappresenta il tempo, in entrata che in uscita dal lavoro, che impiega per indossare e togliere i suoi indumenti da lavoro.

Il tribunale di Genova accoglie la domanda. La corte di appello, però, la respinge.

Per la corte di appello la cassiera non aveva diritto al pagamento di quelle ore di lavoro perché , esaminando le dichiarazioni testimoniali e i documenti prodotti dalle parti, ha escluso che il tempo di vestizione e svestizione andasse incluso nel tempo di lavoro, non essendo emerso anche in base alle prove testimoniali articolate dalle parti, ammesse ed assunte, che "sebbene vi fosse obbligo di indossare il camice e le scarpe antinfortunistiche, tale obbligo non doveva necessariamente assolversi in azienda, ma anche presso la propria abitazione prima dell'inizio del lavoro, non essendovi stati mai richiami o comunque contestazioni disciplinari nei confronti di dipendenti che avevano portato gli indumenti di lavoro fuori dall'azienda".

La cassiera ha fatto ricorso in cassazione contro la sentenza della corte di appello; la cassazione, però, ha respinto il ricorso confermando la sentenza della corte di appello. La cassazione, che si è mossa nella sua decisione nel solco tracciato dai motivi del ricorso proposto dalla lavoratrice, ha dovuto rigettare il ricorso perché i vizi denunciati in cassazione avevano ad oggetto la lamentela su "una non corretta valutazione degli elementi fattuali emersi in causa attraverso le testimonianze raccolte e attraverso la documentazione agli atti, offrendo una diversa valutazione di tali elementi istruttori rispetto a quella effettuata dalla sentenza". Ma questo vizio non può essere fatto valere in cassazione perché la cassazione non ha il potere di riesaminare i fatti di causa ricostruendoli in modo diverso dal giudice di merito.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 16249/18; depositata il 20 giugno