21/07/2016
English version Il tribunale di Firenze condannava alla pena di anni uno e mesi due di reclusione un datore di lavoro. accusato, per avere dapprima importunato e poi abbracciato una dipendente con forza tale da impedirle di liberarsi e dandole vari baci sul collo e sull'orecchio destro, così da costringerla, con violenza, a subire atti sessuali.
La Corte di appello di Firenze sosteneva, innanzi tutto, la sussistenza di un quadro probatorio univoco a carico del datore di lavoro., desumibile - secondo quanto accertato dal giudice di primo grado - dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dalla mancanza di motivi apprezzabili per mentire. Ha aggiunto la Corte che baci ed abbracci, nella specie, avrebbero dovuto qualificarsi come atti sessuali, essendo stati indirizzati al collo ed all'orecchio, zone notoriamente erogene. Del resto, il fine sessuale dell'atteggiamento dell'imputato si sarebbe dovuto desumere dal suo abbraccio, nonostante la lavoratrice tentasse di sottrarsi, e dal fatto che egli l'avesse baciata contro la di lei volontà.
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su ricorso dell’imputato, ha affermato che “in tema di reati sessuali, la condotta vietata dall'art. 609-bis cod. pen. comprende, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto idoneo, secondo canoni scientifici e culturali, a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dalle intenzioni dell'agente, purché questi sia consapevole della natura oggettivamente "sessuale" dell'atto posto in essere con la propria condotta cosciente e volontaria [Sez. 3, n. 21020 del 28/10/2014 (dep. 21/05/2015) Rv.263738].
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 30479/16; depositata il 19 luglio 2016