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Modifica in peius del contratto collettivo: legittima, ma non può toccare i diritti già acquisiti dal lavoratore

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05/11/2015

La modifica peggiorativa vale esclusivamente per il futuro

 

 

Con ricorso avanti al giudice del lavoro, il ricorrente esponeva di essere dipendente di una società dal 17/2/1992, con la qualifica di impiegato; al momento dell’assunzione, le parti avevano convenuto l’applicazione dell'accordo sindacale del 25/11/1986, che prevedeva l'applicazione delle norme del contratto collettivo nazionale dei terziario relativamente ad alcuni istituti contrattuali, tra i quali, per coloro che utilizzano nell'esercizio delle funzioni un'arma, una specifica indennità di funzione. Dal luglio 2003, il menzionato rapporto di lavoro era proseguito in via continuativa con la società resistente; tuttavia, dal maggio 2000, il ricorrente aveva subito una riduzione della retribuzione, poiché era stata soppressa l'indennità di funzione connessa al servizio armato. La suddetta modifica in peius era giustificata dalla società datrice di lavoro in base a un accordo, siglato il 26/4/2000, nel quale era stato espressamente previsto che venisse meno l'applicazione dell'indennità di funzione. La domanda volta ad accertare il diritto del lavoratore a percepire la retribuzione nella sua interezza, con condanna alla corresponsione delle differenze retributive, venne accolta in primo grado dal Tribunale di Milano, poi rigettata dalla riforma della sentenza avutasi in sede d’appello. In particolare, la Corte territoriale ritenne che nel caso in esame andasse tenuta in considerazione la problematica relativa successione nel tempo di contratti collettivi, risolta dalla giurisprudenza nel senso che nell'ambito dei rapporti tra contratti collettivi di diritto comune è ammissibile la deroga anche peggiorativa delle previsione del CCNL da parte di un contratto collettivo aziendale successivo cronologicamente.

La Corte di Cassazione, richiamando il proprio consolidato orientamento ha ricordato che “alle parti sociali è consentito, in virtù del principio generale dell’autonomia negoziale di cui all’art. 1322 c.c., prorogare l’efficacia dei contratti collettivi, modificare, anche in senso peggiorativo, i pregressi inquadramenti e le pregresse retribuzioni – fermi restando i diritti quesiti dei lavoratori sulla base della precedente contrattazione collettiva –, nonché disporre in ordine alla prevalenza da attribuire, nella disciplina dei rapporti di lavoro, ad una clausola del contratto collettivo nazionale o del contratto aziendale, con possibile concorrenza delle due discipline. La concorrenza delle due discipline, nazionale e aziendale, non rientrando nella disposizione recata dall’art. 2077 c.c., va risolta tenuto conto dei limiti di efficacia connessi alla natura dei contratti stipulati, atteso che il contratto collettivo nazionale di diritto comune estende la sua efficacia nei confronti di tutti gli iscritti, nell’ambito del territorio nazionale, alle organizzazioni stipulanti e il contratto collettivo aziendale estende, invece, la sua efficacia, a tutti gli iscritti o non iscritti alle organizzazioni stipulanti, purché svolgenti l’attività lavorativa nell’ambito dell’azienda”. Per altro verso, è da rilevare che è corretto il ragionamento della Corte territoriale, la quale, dando atto che la pretesa dei lavoratore riguarda prestazioni future e non emolumenti già entrati a far parte dei patrimonio del soggetto, ha fatto applicazione del principio secondo cui "le disposizioni dei contratti collettivi si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, ma operano dall'esterno come fonte eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale, sicché, nell'ipotesi di successione tra contratti collettivi, le precedenti disposizioni possono essere modificate da quelle successive anche in senso sfavorevole al lavoratore, con il solo limite dei diritti quesiti, intendendosi per tali solo le situazioni che siano entrate a far parte dei patrimonio dei lavoratore subordinato, come i corrispettivi di prestazioni già rese, e non anche quelle situazioni future o in via di consolidamento che sono autonome e suscettibili come tali di essere differentemente regolate in caso di successione di contratti collettivi”.

Per tali motivi, la Corte di Cassazione ha interamente rigettato il ricorso proposto dal lavoratore.

Il contratto collettivo peggiorativo

Nell'ipotesi di successione tra contratti collettivi, le modificazioni "in peius" per il lavoratore sono ammissibili con il solo limite dei diritti quesiti, dovendosi escludere che il lavoratore possa pretendere di mantenere come definitivamente acquisito al suo patrimonio un diritto derivante da una norma collettiva non più esistente, in quanto le disposizioni dei contratti collettivi non si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, ma operano dall'esterno come fonte eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale, sicché le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole (art. 2077 c.c.), che riguarda il rapporto fra contratto collettivo ed individuale. cassazione civile sez. lav.  19 giugno 2014 n. 13960  

Il contratto collettivo non si applica a tutti

I contratti collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell'azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, con l'unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, ne condividono l'esplicito dissenso dall'accordo e potrebbero addirittura essere vincolati da un accordo sindacale separato. Cassazione civile sez. lav.  18 aprile 2012 n. 6044