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Il giornalista non iscritto all’albo ha diritto al trattamento economico del ccnl.

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03/01/2020

 

La corte di Cassazione ha confermato il suo indirizzo di riconoscere il trattamento economico e normativo a chi pur non essendo iscritto all’albo svolge mansioni di fatto di natura giornalistica. Si riporta il principio di diritto affermato dalla corte di cassazione che ha confermato una sentenza della corte di appello di Torino:

“riconosce il giudice d'appello che "presupposto indefettibile per la rivendicazione dello status professionale di giornalista è l'iscrizione al relativo albo" ai sensi della disposizione collettiva e del DPR n. 115 del 1965, ma poi, citando giurisprudenza di legittimità, precisa che "le mansioni giornalistiche ben possono essere espletate anche da chi non possieda lo status di giornalista" e giunge alla conclusione che "il contratto in questione, ancorché nullo per violazione della L. 3/2/69 n. 69 sull'esercizio della professione giornalistica, produce pur sempre ai sensi dell'art. 2126 c.c. gli effetti del rapporto giornalistico per il tempo della sua esecuzione, trattandosi di nullità non derivante da illiceità della causa e dell'oggetto". La decisione è pienamente conforme ai principi di diritto ripetutamente affermati da questa Corte (n. 5370/98; 7020/00; n. 7461/02) ribaditi in una recente pronuncia, secondo cui l'esercizio di fatto delle mansioni "non comporta nullità del contratto per illiceità della causa e dell'oggetto e produce gli effetti previsti dall'art. 2126 c.c. per il tempo in cui il rapporto di lavoro ha avuto esecuzione, restando escluso che tra gli effetti fatti salvi rientri il diritto di continuare a rendere la prestazione o di pretenderne la esecuzione; di conseguenza, nel caso di accertamento della natura subordinata di un rapporto di lavoro giornalistico esercitato in mancanza di iscrizione nell'albo professionale... il giudice deve limitarsi a riconoscere il diritto alle differenze retributive ai sensi dell'art. 2126 c.c., ma non può ordinare la riassunzione del lavoratore assumendone l'illegittimo licenziamento, atteso che nel contratto affetto da nullità per violazione di norma imperativa non è concepibile un negozio di licenziamento e non sono configurabili le conseguenze che la legge collega al recesso ingiustificato" (Cass. n. 27608 del 29/12/2006). Cassazione - Sezione lavoro - sentenza 26 settembre - 5 dicembre 2007,n. 25300.


Milano 11/01/2008

Ernesto Treccani, opera

Il contratto collettivo peggiorativo

Nell'ipotesi di successione tra contratti collettivi, le modificazioni "in peius" per il lavoratore sono ammissibili con il solo limite dei diritti quesiti, dovendosi escludere che il lavoratore possa pretendere di mantenere come definitivamente acquisito al suo patrimonio un diritto derivante da una norma collettiva non più esistente, in quanto le disposizioni dei contratti collettivi non si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, ma operano dall'esterno come fonte eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale, sicché le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole (art. 2077 c.c.), che riguarda il rapporto fra contratto collettivo ed individuale. cassazione civile sez. lav.  19 giugno 2014 n. 13960  

Il contratto collettivo non si applica a tutti

I contratti collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell'azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, con l'unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, ne condividono l'esplicito dissenso dall'accordo e potrebbero addirittura essere vincolati da un accordo sindacale separato. Cassazione civile sez. lav.  18 aprile 2012 n. 6044