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Se la lavoratrice è idonea allo svolgimento delle mansioni ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro

La tutela è piena

La Corte di Appello di L’Aquila, in riforma della sentenza del Tribunale di Chieti, ha accolto il ricorso proposto da una lavoratrice. nei confronti di una  Cooperativa ed ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato dalla società, condannando la cooperativa a reintegrare la lavoratrice "nel posto di lavoro in precedenza occupato, con attribuzione di mansioni compatibili con il suo stato di salute" ed a corrispondere alla lavoratrice, a titolo di risarcimento del danno, le retribuzioni maturate dalla data del recesso sino a quella della effettiva reintegra.

La cooperativa aveva licenziato la dipendente sostenendone la sopravvenuta incapacità fisica allo svolgimento delle mansioni assegnate.

La corte di Cassazione ha confermato la sentenza di reintegrazione affermando questo importante principio:

“Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 7 agosto 1998 n. 7755), a composizione dei contrasti di giurisprudenza esistenti sulla questione, hanno affermato che la sopravvenuta infermità permanente e la conseguente impossibilità della prestazione lavorativa possono giustificare oggettivamente il recesso del datore di lavoro dal rapporto di lavoro subordinato, ai sensi della L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 3 (normativa specifica in relazione a quella generale dei contratti sinallagmatici di cui agli artt. 1453, 1455, 1463 e 1464 c.c.), a condizione che risulti ineseguibile l’attività svolta in concreto dal prestatore e che non sia possibile assegnare il lavoratore a mansioni equivalenti ai sensi dell’art. 2103 c.c. ed eventualmente inferiori, in difetto di altre soluzioni.

È stato evidenziato, al riguardo, che, nell’ipotesi di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore, il giustificato motivo oggettivo consiste non soltanto nella fisica inidoneità del lavoratore all’attività attuale, ma anche nell’inesistenza in azienda di altre attività (anche diverse, ed eventualmente inferiori) compatibili con lo stato di salute del lavoratore ed a quest’ultimo attribuibili senza alterare l’organizzazione produttiva, onde spetta al datore di lavoro convenuto in giudizio dal lavoratore in sede di impugnativa del licenziamento fornire la prova delle attività svolte in azienda, e della relativa inidoneità fisica del lavoratore o dell’impossibilità di adibirlo ad esse per ragioni di organizzazione tecnico - produttiva, fermo restando che, nel bilanciamento di interessi costituzionalmente protetti (artt. 4, 32 e 36 Cost.), non può pretendersi che il datore di lavoro, per ricollocare il dipendente non più fisicamente idoneo, proceda a modifiche delle scelte organizzative escludendo, da talune posizioni lavorative, le attività incompatibili con le condizioni di salute del lavoratore.” Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 luglio – 22 settembre 2016, n. 18594.

I fatti risalgono ad epoca antecedente alla introduzione della riforma Fornero e a maggior ragione al Jobs act ma le conseguenze del licenziamento illegittimo sarebbero state le medesime.