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Il dirigente sindacale in distacco sindacale resta sempre un lavoratore alle dipendenze del distaccante

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25/11/2022

legittimo l’esercizio del potere disciplinare

Un’organizzazione sindacale di rilievo nazionale ha agito in Tribunale per far dichiarare il carattere antisindacale del comportamento datoriale che si era concretizzato nell'aver avviato, nei confronti del suo segretario provinciale, un procedimento disciplinare concluso con l'irrogazione di una sanzione, per dei fatti che si erano verificati nel corso di una riunione, tenutasi all'interno dell'azienda, a cui il sindacalista aveva partecipato nelle vesti di segretario provinciale. Il segretario provinciale dell'organizzazione sindacale, oltre che rivestire la carica di segretario, era anche lavoratore dell'azienda distaccato presso l'organizzazione sindacale, ai sensi dell'articolo 31 dello Statuto dei Lavoratori. Il comportamento antisindacale dell'azienda era configurabile, per l'organizzazione sindacale, nel fatto che l'azienda avesse censurato il segretario provinciale dell'organizzazione sindacale, per aver espresso, durante una riunione sindacale presso l'azienda di cui era dipendente distaccato, dei giudizi qualificati come denigratori contro il direttore generale che è stato apostrofato pubblicamente come persona incapace. A seguito dell'avvio della procedura di contestazione di addebito nei confronti del suo dipendente in distacco sindacale, l'azienda ha adottato una sanzione disciplinare conservativa. Per l'organizzazione sindacale, la procedura di contestazione di addebito nei confronti del segretario provinciale, sebbene lavoratore dipendente dell'azienda, era assolutamente incompatibile con le funzioni sindacali esercitate. Il segretario provinciale, sebbene dipendente in distacco, aveva il diritto di esprimere liberamente le sue opinioni senza per questo poter essere destinatario della procedura di contestazione di addebito con l'applicazione finale della sanzione. L'azienda, invece, ha sostenuto che il comportamento del segretario provinciale, lavoratore dipendente distaccato, aveva esorbitato dai limiti del legittimo esercizio del diritto di critica e dell'attività sindacale. Le espressioni utilizzate contro il direttore generale avevano un significato denigratorio della capacità gestionale ed organizzativa della sua persona con lesione della sua dignità e onorabilità.

Il Tribunale, prima, e la Corte d'Appello, dopo, hanno dato torto all'organizzazione sindacale, perché hanno ritenuto legittimo l'esercizio del potere disciplinare datoriale e insussistente così il comportamento antisindacale.

L'organizzazione sindacale ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che "nel caso dell’aspettativa di cui all'art. 31, l'originario rapporto di lavoro entra in una fase di sospensione non essendo dovute né la prestazione lavorativa del dipendente né la retribuzione dal datore di lavoro; l’aspettativa comporta la sospensione della sottoposizione del lavoratore, durante lo svolgimento dell’attività sindacale, al potere gerarchico e disciplinare del datore. L’esercizio dell'attività sindacale, per definizione contrappositivo rispetto agli interessi imprenditoriali, è necessariamente svincolato dalla condizione di subordinazione che caratterizza il rapporto di lavoro; il rappresentante sindacale, con riguardo all'attività e alle valutazioni anche critiche espresse nei confronti del datore di lavoro e dei suoi preposti, non può essere assoggettato al potere disciplinare. Il dirigente sindacale distaccato non gode, comunque, di alcuna immunità, come paventato dalla Corte di Appello, perché nel caso di superamento dei limiti del diritto di critica risponde, come qualsiasi persona, sotto il profilo civile e penale, ma non come lavoratore subordinato sottoposto al potere disciplinare”.

La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni difensive dell’associazione sindacale affermando questi principi:

1. L'aspettativa sindacale non determina "una sospensione del rapporto di lavoro in sé ma degli obblighi, posti rispettivamente a carico del lavoratore e del datore, di rendere la prestazione e di corrispondere la retribuzione". Nel distacco sindacale, il rapporto di lavoro non perde la sua efficacia e non pone in moratoria le contrapposte obbligazioni fondamentali, modificandosi solo in relazione al soggetto che temporaneamente diventa il beneficiario e il destinatario della prestazione lavorativa."

2. Il lavoratore in distacco sindacale continua a godere di tutti i diritti non incompatibili con la sua assenza dal lavoro come quelli alla corresponsione dei premi aziendali, degli assegni familiari, delle anticipazioni del TFR e degli altri benefici previsti dalla giurisprudenza.

3. La disciplina del distacco sindacale è dettata dalla "necessità di porre il lavoratore chiamato a funzioni pubbliche elettive o a cariche sindacali nella condizione migliore per svolgere l'incarico, senza peraltro porlo in una situazione di privilegio rispetto a quella degli altri dipendenti dello stesso datore di lavoro".

4. I lavoratore in distacco sindacale è "passibile di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo oggettivo".

5. L'aspettativa sindacale si qualifica come "ipotesi di sospensione non del rapporto di lavoro ma unicamente, come già indicato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 136 del 2003, di alcune soltanto delle obbligazioni che da esso scaturiscono ed esattamente “della prestazione lavorativa del dipendente e del correlato obbligo retributivo del datore di lavoro”. Devono quindi considerarsi vigenti tutti i residui obblighi che gravano sulle parti del rapporto lavorativo e che derivano da specifiche previsioni di legge o di contratto collettivo o anche dai principi generali dell’ordinamento, con i connessi poteri riconosciuti al datore di lavoro".

6. Il lavoratore in distacco sindacale, nei confronti dell'impresa distaccante ha sempre l'obbligo di comportarsi con lealtà, collaborazione, correttezza e buona fede anche nei rapporti extra lavorativi. Conseguentemente sussiste l'obbligo di astenersi da qualsiasi condotta che contrasti con i doveri connessi al suo inserimento nella struttura e nell'organizzazione dell'impresa, o che crei situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi della medesima.

7. I lavoratori, anche quelli in distacco sindacale, hanno il diritto di critica, anche aspra nei confronti del datore di lavoro ma ciò non consente di ledere sul piano morale l'immagine del proprio datore di lavoro con riferimento a fatti non oggettivamente certi e comprovati. La violazione di questo obbligo può essere legittimamente sanzionata in via disciplinare.

La Corte di Cassazione su questi principi ha affermato che "la posizione del lavoratore che sia collocato in aspettativa sindacale non sia così diversa rispetto a quella del lavoratore che sia anche rappresentante sindacale poiché nello svolgimento dei compiti inerenti a tale funzione anche quest’ultimo assume un ruolo svincolato dalla subordinazione ed anzi paritetico rispetto a quello del datore di lavoro, legittimato dall’art. 39 Cost. e dalla rappresentanza degli interessi collettivi dei lavoratori.

Il collocamento in aspettativa sindacale, che non fa venir meno la continuità del rapporto di lavoro e quindi gli obblighi ed i poteri che ad esso ineriscono (con esclusione unicamente degli obblighi rispettivi di prestazione e di corrispondere la retribuzione), è quindi compatibile con l’operare dei limiti all’esercizio del diritto di critica posti al fine di assicurare tutela ad altri beni di pari rilievo costituzionale; con la conseguente configurabilità in capo alla parte datoriale della facoltà di esercizio del potere disciplinare riconosciuto a fronte di condotte del lavoratore inadempienti rispetto agli obblighi che sul medesimo continuano a gravare, nonostante il godimento dell’aspettativa sindacale.

Corte di cassazione sezione lavoro, numero 33.803, pubblicata il 16 novembre 2022.

La sentenza dei giudici di merito, negatoria del comportamento antisindacale, è stata così confermata perché la condotta addebitata al lavoratore in aspettativa sindacale non riguardava gli elementi del rapporto oggetto di sospensione, cioè l'esecuzione della prestazione per l'organizzazione sindacale, bensì i doveri residui di lavoratore subordinato in nessun modo intaccati dal regime di aspettativa.

Il lavoratore in distacco sindacale, nell'esercizio delle sue prerogative sindacali si pone su un piano paritetico con il datore di lavoro; il rapporto di lavoro subordinato, però, pur rimanendo sullo sfondo, continua ad esistere, con tutto il suo corredo di diritti e anche di obblighi e dei corrispondenti poteri datoriali, pronti a riprendere vigore appena si fuoriesca dal confine del legittimo esercizio delle libertà e prerogative sindacali, nella specie dai limiti al diritto di critica.

L'azienda, applicando la sanzione disciplinare al dipendente in distacco sindacale, per le ingiuste critiche al suo direttore generale, pronunciate durante un incontro sindacale dal segretario provinciale dell’organizzazione sindacale, non ha posto in essere alcun comportamento antisindacale, avendo esercitato un suo diritto.

La Corte di Cassazione ha compensato le spese di lite tra le parti, nonostante la soccombenza piena dell'organizzazione sindacale per "la assoluta novità della questione trattata".

Biagio.cartillone@studiocartillone.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.