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Nel rapporto di lavoro a part-time l'azienda deve indicare la esatta collocazione temporale della prestazione lavorativa giornaliera, settimanale e mensile che non può modificare unilateralmente

tag  News  part time  risarcimento  collocazione  tempo 

28/11/2022

 Alla fine del mese di marzo 2022, un dipendente della Milano Serravalle Milano Tangenziali S.p.A. si è rivolto al Tribunale del Lavoro di Milano affermando di essere stato assunto con contratto di lavoro a tempo parziale verticale con mansioni di caposquadra.

In occasione della sua assunzione, avvenuta nel 2011, la società datrice di lavoro non ha fissato la collocazione temporale dei turni di lavoro né delle 8 ore di lavoro da rendersi nella giornata lavorativa. L'unico dato comunicato dall'azienda nella lettera di assunzione è quello relativo alla circostanza che la collocazione temporale della prestazione lavorativa sarebbe stata comunicata dall'azienda, ogni anno, entro il 31 dicembre. Non vi sono altri atti o provvedimenti aziendali di regolamentazione del rapporto di lavoro da cui sia possibile individuare la collocazione temporale della prestazione lavorativa.

 Il lavoratore, con la sua azione avanti il Tribunale, ha lamentato la violazione delle previsioni del contratto collettivo e delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 81 /2015 e del decreto legislativo n. 61/2000. Conseguentemente ha chiesto la condanna della società datrice di lavoro al risarcimento del danno per i disagi personali subiti in conseguenza della mancata puntuale indicazione della stabile collocazione temporale della prestazione lavorativa.

Il Tribunale di Milano ha accolto la domanda.

L'accoglimento è stato motivato per non aver la datrice di lavoro dato adempimento alle previsioni del contratto collettivo che disciplina il rapporto di lavoro. Il contratto collettivo prevede l'obbligo specifico dell'azienda di indicare in modo puntuale, nel contratto a tempo parziale, la collocazione temporale dell'orario di lavoro. Il Tribunale ha affermato che le norme che disciplinano la materia prevedono che "Nel contratto di lavoro a tempo parziale deve essere contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno.”

Per il tribunale, la comunicazione aziendale annuale, entro il mese di dicembre, non è idonea ad assolvere l'onere di specifica indicazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro a tempo parziale perché questa comunicazione è stata adottata d'imperio e mai concordata con il lavoratore interessato.

Dichiarata l'illegittimità del comportamento datoriale, il Tribunale ha dichiarato fondata "la domanda svolta dal lavoratore di natura risarcitoria, in base al disposto di cui all’art. 8 comma 2 e 10 comma 2 d.lgs.. ..., che prevede che, indipendentemente dalla concreta prova del danno, nella determinazione della collocazione temporale della prestazione, il giudice provveda alla condanna del datore, per il periodo antecedente alla pronuncia, in aggiunta alla retribuzione dovuta per le prestazioni effettivamente rese, ad una ulteriore somma a titolo di risarcimento del danno. Il risarcimento del danno è dovuto per l'obiettivo disagio subito dal lavoratore per l'unilaterale determinazione del datore di lavoro delle modalità temporali di svolgimento della prestazione. Il danno è configurabile per il pregiudizio al bene giuridico della libertà di organizzare il proprio tempo libero.”

Il Tribunale ha così condannato l'azienda, con valutazione equitativa, al risarcimento del danno quantificato in misura pari al 5% della retribuzione normale mensile percepita negli anni di violazione della norma.

Questa causa è stata depositata dal lavoratore nella cancelleria del Tribunale di Milano alla fine del mese di marzo 2022, è stata decisa il 6 ottobre 2022 con la motivazione depositata il 21 ottobre 2022. I tempi sono stati di grande celerità; la sentenza è stata pronunciata dal giudice in poco più di 6 mesi. Vi sono tribunali in Italia che i tempi li misurano in anni e qualcuno anche in lustri. Il Tribunale di Milano, evidentemente, rappresenta una eccellenza che costituisce esempio anche per tutti paesi europei. La celerità con cui è stata definita questa causa non è una rarità per il tribunale di Milano ma una costante.

Tribunale di Milano sezione lavoro sentenza n. 2291 giudice dott. Capelli.

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.