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La malattia professionale è dovuta alla sigaretta e non all'ambiente di lavoro: assolta l'azienda appaltante da ogni domanda risarcitoria

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26/01/2023

 Gli eredi di un lavoratore subordinato hanno agito avanti il Tribunale competente contro l'impresa appaltante dei lavori per ottenere il risarcimento del danno differenziale spettante al loro congiunto, subito in conseguenza di una malattia professionale contratta nello svolgimento dell'attività lavorativa di montatore pontista svolta alle dipendenze di una società appaltatrice.

Il Tribunale ha accolto la domanda risarcitoria ed ha condannato la committente al risarcimento dei danni. La Corte di Appello, però, ha riformato integralmente la sentenza perché, riesaminando le prove raccolte, ha ritenuto che la committente aveva provveduto ad adempiere gli obblighi di sicurezza, ponendo in essere gli opportuni strumenti di prevenzione e di protezione per l'esecuzione delle attività in massima sicurezza nelle aree e nei reparti a maggior rischio. La Corte di Appello ha ritenuto che non vi fosse prova che il lavoratore fosse stato esposto a fibre di asbesto nello svolgimento delle mansioni di montatore pontista, in quanto attività preliminare alla manutenzione e alla riparazione e tale da non comportare un’esposizione continuata in zone con rischio di aerodispersione di fibre; ha ritenuto che vi fosse, invece, prova dell'abitudine al fumo del lavoratore quale fattore di genesi del carcinoma diagnosticato.

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla controversia ha affermato l'esistenza dell'obbligo della committente, che affida i lavori in appalto all’interno dell'azienda e nella cui disponibilità permanga l'ambiente di lavoro, "di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendente dell'impresa appaltatrice." Questi obblighi consistono nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori circa le situazioni di rischio, nel predisporre quanto necessario a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l'appaltatrice nell'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all'attività appaltata.

Nel caso in esame, però, la Corte di Cassazione ha fatto rilevare che la Corte di Appello ha escluso in concreto una responsabilità della committente, avendo accertato l'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi al luogo di lavoro e all'attività lavorativa, con il conforto delle prove raccolte sulle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa di montatore pontista.

La Corte di Cassazione ha ribadito che era onere del lavoratore fornire la prova del fatto costituente l'inadempimento e il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento e il danno subito ma non anche la colpa della controparte, nei cui confronti opera la presunzione prevista dall'articolo 1218 del codice civile.

 Per la Cassazione "ove le misure di sicurezza debbano essere ricavate dall’art. 2087 c.c., cd. innominate, la prova liberatoria è generalmente correlata alla quantificazione della misura di diligenza ritenuta esigibile nella predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici che siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, quali anche l’assolvimento di puntuali obblighi di comunicazione e più specificamente, al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute incombe l'onere di provare, oltre all'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'una e l'altra".

Nel caso sottoposto al suo esame, la Corte di Cassazione ha concluso che la sentenza dei giudici di Appello, nel ripartire l'onere probatorio a carico delle parti si è ispirata correttamente "alla regola di preponderanza dell'evidenza o del più probabile che non". Applicando questo principio, ha correttamente dedotto che la malattia professionale con più probabilità non era riconducibile alle strutture aziendale dell'attività lavorativa svolta ma alla condizione soggettiva di fumatore. Cassazione Civile Ord. Sez. L Num. 37453 Anno 2022 data pubblicazione: 21/12/2022.

La Cassazione ha condannato gli eredi del lavoratore al pagamento delle spese processuali a favore delle controparti che per questo titolo hanno diritto di vedersi corrispondere l’importo complessivo di euro 16.050,32. In esecuzione del duro e puro principio della soccombenza, senza altri contemperamenti.

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.