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Se la prestazione lavorativa è resa indifferentemente a favore di due società tra loro collegate, esiste un obbligo solidale di entrambe al pagamento delle retribuzioni

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06/11/2022

La lavoratrice ha impugnato avanti la Corte di Appello di Milano la sentenza del Tribunale di Milano che le aveva negato il diritto, chiedendo che fosse dichiarata la sussistenza tra le due società chiamate in causa di un unico centro di imputazione e, conseguentemente, della contitolarità del suo rapporto di lavoro formalmente intercorso con una sola delle società chiamate in causa.

A sostegno di questa domanda, la lavoratrice ha assunto di aver prestato la sua attività lavorativa a tempo indeterminato e a tempo pieno a favore delle due società chiamate in causa e non solo a favore della società che formalmente ha proceduto alla sua assunzione; di aver lavorato in una struttura di legno ricavata all'interno del capannone dell'altra società dove prestava l'attività lavorativa un’altra lavoratrice alle dipendenze di quest'ultima; di aver avuto per l’intero periodo di lavoro un unico diretto referente gerarchico che era comune a tutti i lavoratori occupati nell’azienda; di aver lavorato principalmente nell’altra società organizzando gli interventi di manutenzione con l’utilizzo della carta intestata e dell’indirizzo di posta elettronica per comunicare con i clienti, come pure la gestione degli ordini dei materiali e dei pezzi di ricambio, i preventivi degli interventi, le fatture emesse, il noleggio delle attrezzature necessarie e le attività promozionali; di essere stata sempre tenuta alla timbratura del badge sia in entrata che in uscita che veniva controllato dal comune responsabile della struttura. Su questi presupposti in fatto la lavoratrice ha rivendicato la sussistenza tra le due società di un unico centro di imputazione del suo rapporto di lavoro con il diritto di ottenere il pagamento della sua retribuzione da entrambe le società che hanno usufruito delle sue energie lavorative. La lavoratrice ha, così, assunto che la sua prestazione era avvenuta in una situazione organizzativa in cui il collegamento fra le 2 società aveva travalicato, per caratteristiche e finalità, le connotazioni di una mera sinergia per sconfinare in una compenetrazione di mezzi e di attività, sintomatica della sostanziale unicità soggettiva delle due società.

La Corte di Appello ha accolto la domanda della lavoratrice ed ha condannato entrambe le società, in solido tra loro, al pagamento delle differenze retributive dovute in esecuzione dell’applicazione del contratto collettivo e individuale di lavoro.

La Corte di Appello di Milano, nell’accogliere la domanda della lavoratrice, ha evidenziato che “è noto, in punto di diritto, che l’accertamento della unitarietà del centro di imputazione del rapporto richieda – per pacifica e ormai sedimentata giurisprudenza – la coesistenza di una articolata e complessa pluralità di elementi. In particolare, la Corte di Cassazione ha da tempo condivisibilmente escluso che il mero collegamento economico e/o  funzionale fra imprese consenta di ricondurre gli obblighi nascenti dal rapporto di lavoro subordinato intercorso con una di esse anche alle altre e di considerarle quale unico soggetto, indicando, al contrario, quali presupposti perché possa ravvisarsi l’unicità del centro di imputazione del rapporto di lavoro, a) l’unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) l’integrazione fra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) il coordinamento tecnico- amministrativo –finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) l’utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneo in favore dei vari imprenditori…

Nel caso di specie, la documentazione prodotta in giudizio e le dichiarazioni dei testi escussi hanno confermato, prima di tutto, l’unicità della struttura organizzativa e produttiva delle due società, ... come pure l’integrazione o meglio la coincidenza dell’attività esercitata dalle due appellate, come emerge non solo dalle visure camerali prodotte in giudizio, bensì anche dalle dichiarazioni dei testi…

In secondo luogo, la presenza di un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune, e che organizza il lavoro dell’appellante e degli altri dipendenti delle due aziende…

In terzo luogo, l’utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle due società titolari delle distinte imprese, svolta in modo indifferenziato e contemporaneo in favore di entrambe nel periodo per cui è causa, come confermato dalle deposizioni dei testi…

In conclusione, ritiene questa Corte che gli elementi di collegamento fra le due società, come accertati in giudizio, abbiano ampiamente travalicato, per caratteristiche e finalità, le connotazioni di una mera sinergia per sconfinare in una compenetrazione di mezzi e di attività, sintomatica della sostanziale unicità soggettiva ai fini per cui è causa, con la conseguenza che, pur non venendo meno l’autonomia delle due appellate dotate di personalità giuridica distinta, deve  ravvisarsi un unico centro di imputazione del rapporto, essendo stata frazionata, in modo fraudolento, l’unica attività posta in essere dai vari soggetti del collegamento economico – funzionale.

Da ciò consegue che entrambe le appellate, quali soggetti fruitori dell’attività lavorativa prestata dalla lavoratrice, devono essere considerate responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto, in virtù della presunzione di solidarietà prevista dall'art. 1294 c.c., in caso di obbligazione con pluralità di debitori, qualora dalla legge o dal titolo non risulti diversamente.

Corte di Appello di Milano sezione lavoro sentenza numero 736/2022, pubblicata l’11 ottobre 2022, presidente relatore dottoressa Monica Vitali.

 

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.