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IL CCNL DEI SERVIZI FIDUCIARI DEL SETTORE DELLA VIGILANZA HA UNA RETRIBUZIONE AL DI SOTTO DELLA SOGLIA DI POVERTÀ

LO AFFERMANO I GIUDICI DI MERITO DI TORINO E DI MILANO

La retribuzione mensile prevista dal CCNL Servizi Fiduciari (nel livello d è pari a 930,00 euro lordi, corrispondente a circa euro 630,63 netti detratti il 23% di IRPEF e il 9,19% di contributi a carico del lavoratore) non è rispettosa del dettato costituzionale di cui all’art. 36 Cost., perché non rappresenta una retribuzione sufficiente e proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto.

La giurisprudenza di merito, in particolare del Tribunale di Torino (sentenza del 09/08/2019, n.1128) e del Tribunale di Milano (sentenza dott.ssa Saioni del 25/02/2020, n.225), ha affermato la non sufficienza della retribuzione prevista da questo ccnl per violazione dell’art. 36 della nostra costituzione.

In particolare, il Tribunale di Torino (sentenza n. 09/08/2019, n. 1128) dice che:

- “Benché sia tratta dai minimi tabellari di un CCNL firmato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, una retribuzione sensibilmente inferiore al tasso-soglia di povertà assoluta individuato dall'Istat ed ai livelli retributivi previsti per posizioni professionali analoghe da altri CCNL non può considerarsi conforme ai principi di proporzionalità e di sufficienza ricavabili dall'art. 36 Cost”;

- “nella determinazione della giusta retribuzione ai sensi dell'articolo 36 Cost., si deve fare riferimento soltanto alla retribuzione base, senza prendere in considerazione ulteriori istituti retributivi”;

- “Il lavoratore che ritenga inadeguate per difetto le retribuzioni contrattualmente previste ha dunque l'onere di indicare gli elementi da cui tale inadeguatezza risulta — ovvero di fornire la prova contraria alla predetta presunzione di conformità delle previsioni collettive ai principi costituzionali di proporzionalità e sufficienza — ed il giudice che condivida tale censura ha uno specifico onere di motivazione al riguardo. Come si è visto, per assolvere a detto onere il ricorrente ha sostenuto che la retribuzione erogatagli dalla convenuta è stata inferiore di circa un terzo rispetto a quella prevista da tutti i C.C.N.L. similari ed usualmente applicati nello specifico settore fino all'entrata in vigore della sezione Servizi Fiduciari del C.C.N.L. Vigilanza ed altresì ampiamente inferiore al tasso-soglia di povertà assoluta”;

- “La consistenza dello scostamento tra la retribuzione erogata al ricorrente e quella che egli avrebbe percepito per lo svolgimento delle stesse mansioni con lo stesso orario di lavoro in forza degli altri contratti collettivi applicabili appare senza dubbio idonea a far cadere la presunzione di conformità all'art. 36 di cui la prima gode in ragione del fatto di essere corrispondente a quella prevista dall'articolo 23 della sezione Servizi Fiduciari del C.C.N.L. Vigilanza, la quale è stata a sua volta concordata da organizzazioni sindacali che possono certamente qualificarsi come maggiormente rappresentative. È certamente tale da mettere in seria crisi la presunzione di proporzionalità il fatto che, nello stesso periodo e con riferimento alle stesse mansioni e ad un identico orario di lavoro, ben tre altri contratti collettivi dotati della stessa rappresentatività prevedessero retribuzioni superiori, in media, di oltre un quarto”;

- “La presunzione di sufficienza della retribuzione concordata dalle parti collettive nella sezione Servizi Fiduciari del C.C.N.L. Vigilanza, a sua volta, si scontra con la constatazione del rapporto di valore esistente tra la medesima — che, in quanto relativa all'orario ordinario a tempo pieno, costituisce l'unico reddito da lavoro su cui il lavoratore può far conto per sopperire alle sue esigenze di vita — ed il tasso soglia di povertà assoluta stimato dall'Istat per il medesimo periodo. […] Ben lungi dal poter e voler affermare che questo importo è idoneo ad “assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”, a parere di questa giudice si può comunque dubitare seriamente della sufficienza di una retribuzione che sia sensibilmente inferiore ad esso”.

Sul tema, dopo il tribunale di Torino sono state pronunciate altre due nuove sentenze di merito, una dalla Corte d’Appello di Milano (sentenza del 28/05/2019, n. 701, dott.ssa Ravazzoni) e l’altra dal Tribunale di Milano (sentenza del 18/08/2021, n. 1803, presidente dott.ssa Ghinoy).

Entrambe le sentenze di Milano, opportunamente, confermano la natura “relativa” della presunzione di conformità delle retribuzioni previste da contratti collettivi con l’art. 36 Cost. e hanno affermato che, in particolare, “lo scrutinio della legittimità del c.c.n.l. Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari, pacificamente applicato dal datore di lavoro, in relazione all’art. 36 Cost. deve essere compiuto non comparando quello in concreto goduto dall’interessato con l’eventuale miglior trattamento economico previsto per altre mansioni dallo stesso contratto o da altri contratti collettivi di settore, bensì nei limiti di una allegata e dimostrata violazione dei principi di proporzionalità della retribuzione e, soprattutto, di sufficienza della stessa a condurre una esistenza libera e dignitosa per far fronte alle esigenze di vita proprie e della famiglia” (cfr. pag. 7, Corte d’Appello di Milano, sentenza del 28/05/2019, n. 701, dott.ssa Ravazzoni).

La Corte di appello, esaminando da parte sua le diverse retribuzioni previste dai vari contratti collettivi che disciplinano il settore, ha attribuito una importanza marginale alla comparazione delle retribuzioni dei vari contratti collettivi ma ha ritenuto, comunque, che questa comparazione può assumere un certo valore indiziario utile per verificare se la retribuzione prevista dal Servizi Fiduciari sia insufficiente rispetto ai principi costituzionali: ciò in quanto, essendo astrattamente applicabili nel medesimo settore contratti collettivi con retribuzioni superiori, per le medesime mansioni, quantomeno tale circostanza consente di ritenere che altre parti collettive hanno ritenuto che il corrispettivo delle prestazioni dovesse essere di valore superiore rispetto al Servizi Fiduciari.

La giurisprudenza milanese di merito più recente, pone l’accento sulla necessità che il lavoratore deduca nei suoi atti difensivi davanti al giudice altri profili in fatto idonei a verificare l’insufficienza della retribuzione che non sia il solo e semplice confronto tra i contratti collettivi; tra questi profili la Corte d’Appello individua e ricomprende anche il c.d. tasso soglia di povertà assoluta che, pur non potendo considerarsi un parametro “assoluto”, afferma la Corte, “può comunque essere utilizzato, insieme ad altri elementi, come dato utile a superare la presunzione relativa di adeguatezza delle retribuzioni stabilite dai ccnl”.

Questa soglia di povertà, statisticamente, fissa il livello sotto il quale un percipiente reddito debba essere considerato “povero assoluto”, cioè in condizioni di indigenza.

Preme rilevare che, se una retribuzione dignitosa non può certamente considerarsi quella che forma il reddito di un “povero assoluto”, non necessariamente una retribuzione pari o di poco superiore a tale soglia conduca a ritenere che la retribuzione sia sufficiente a garantire quella vita dignitosa dell’art. 36 Cost..

Una retribuzione che consenta di vivere una vita dignitosa, come correttamente ha affermato il Tribunale di Torino nella richiamata sentenza, può essere solo quella che sensibilmente si pone al di sopra della soglia di povertà assoluta (“Ben lungi dal poter e voler affermare che questo importo è idoneo ad “assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”, a parere di questa giudice si può comunque dubitare seriamente della sufficienza di una retribuzione che sia sensibilmente inferiore ad esso”)(Corte di appello di Milano.

Dall’esame delle retribuzioni previste dai ccnl del settore della vigilanza si evince che la retribuzione prevista dal ccnl Servizi Fiduciari è inferiore del 22% rispetto al ccnl del Multiservizi, del 25% rispetto al Portierato, del 34% rispetto al Terziario-commercio. Comparando le previsioni dei predetti ccnl con il ccnl Servizi Fiduciari, emerge univocamente come il ccnl dei servizi fiduciari sia il peggiore per il lavoratore, come si può evincere dalla tabella riepilogativa che offriamo al lettore e che si riferisce ad identiche mansioni:

CCNL

Retr. netta oraria

13.ma

14.ma

ferie

Rid. Orario

Servizi fiduciari

3,64

si

no

22 gg.

48 ore.

Multiservizi

4,79

si

si

26 gg.

9 gg.

Portierato

4,98

si

no

26 gg.

8 gg.

Terziario

5,67

si

si

26 gg.

20 gg.

 

Il Tribunale di Milano, con la sentenza del 25/02/2020, n.225, giudice dott.ssa Saioni, ha dichiarato l’illegittimità della retribuzione oraria riconosciuta ai lavoratori inquadrati nel livello F del ccnl Servizi fiduciari, sancendo che “In tema di servizi di vigilanza, la retribuzione oraria lorda di soli euro 4,60, viola apertamente il principio di sufficienza della retribuzione di cui all'art. 36 Cost. (come emerge dal semplice raffronto con i trattamenti economici previsti, per lo svolgimento di analoghe mansioni, da diversi CCNL), non potendo permettere al lavoratore di condurre una esistenza dignitosa e di far fronte alle ordinarie necessità della vita”.

La retribuzione prevista dal ccnl Servizi Fiduciari, pertanto, rappresenta un pregiudizio per i lavoratori che, a fronte delle energie prestate, non hanno quale corrispettivo quella retribuzione, sufficiente e proporzionata, prevista dall’art. 36 della Costituzione.

Il contratto collettivo del Servizi fiduciari viola i più elementari principi costituzionali nonostante sia stato sottoscritto da ben due delle tre sigle sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, ponendosi con le sue previsioni ben al di sotto della soglia di povertà. Non sempre la contrattazione collettiva anche quella rappresentativa è in grado di assolvere i suoi compiti a favore del soggetto debole del rapporto di lavoro. Ma vi è sempre un giudice a Berlino che vi pone riparo, come nel nostro caso.

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.