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La transazione sui contributi previdenziali e sul danno pensionistico è valida solo dopo che matura il diritto alla pensione.

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24/06/2021

Il diritto si può rivendica anche dopo il decorso di lungo tempo

Un lavoratore ha chiesto il risarcimento del danno pensionistico da omissione contributiva con la conseguente condanna dell'ex datore di lavoro al risarcimento del danno in suo favore. La Corte di Appello ha rigettato la domanda perché tra le parti, anni prima, era intervenuta una conciliazione con la rinuncia del lavoratore ad ogni risarcimento del danno pensionistico derivante dalla omissione totale o parziale dei contributi. La Corte di Cassazione ha totalmente riformato la sentenza, dando ragione alle pretese risarcitorie del lavoratore perché nel "momento della intervenuta transazione il danno non si era ancora verificato, in quanto alla data della stessa i contributi potevano ancora essere versati, non essendo coperti da prescrizione, né il ricorrente aveva ancora maturato il diritto al godimento della pensione: talché non essendo un danno da risarcire, non sussisteva un diritto al risarcimento dello stesso cui poter rinunciare". (Cassazione n. 15947 depositata in cancelleria l'8 giugno 2021.

La rinuncia ad ogni diritto che il lavoratore all'epoca ha formulato a favore dell'azienda, che non aveva provveduto a versare i contributi previdenziali nella misura dovuta, è stata ritenuta, così, priva di ogni valore giuridico perché il lavoratore, non avendo ancora la disponibilità del diritto che avrebbe maturato anni dopo, non ne poteva validamente disporre. La rinuncia al risarcimento del danno pensionistico da parte del lavoratore può avvenire solo dopo che questo diritto è maturato ed è entrato nella sfera del lavoratore. Può avvenire, cioè, quando il lavoratore va in pensione e non prima.

Gli atti di conciliazione e di transazione che contengono la rinuncia futura al risarcimento del danno pensionistico non hanno così alcun valore giuridico.

Andando in pensione il lavoratore, accertata la irregolarità del versamento dei contributi previdenziali che si sono già prescritti, può proporre azione giudiziaria anche se nel frattempo sono passati lustri su lustri. Se i contributi non sono prescritti occorre sollecitare l’Inps perché li riscuota.

Occorre far tesoro di questo insegnamento della Cassazione perché offre una formidabile arma di difesa e tutela a favore di chi va in pensione ma ha subito delle omissioni o evasioni nel versamento dei contributi dovuti ma falsamente convinti di non avere più azioni a difesa del loro diritto pensionistico.

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Diritto del lavoro — In questo sito trattiamo in modo sistematico gli istituti del diritto del lavoro (fonti, presupposti, effetti) e pubblichiamo una selezione ragionata di giurisprudenza realmente operativa. Il tutto con particolare attenzione sulla Lombardia: decisioni di Corti d’Appello e Tribunali del territorio, baricentro del diritto vivente per volume di cause e specializzazione dei magistrati. Le controversie si definiscono soprattutto nei giudizi di merito; la Cassazione interviene su motivi di legittimità assai circoscritti. Offriamo sintesi tecniche, massime giurisprudenziali  utili e rimandi ai testi integrali.

Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.