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L'impugnazione di un atto di transazione con l’assistenza sindacale ha scarsa possibilità di successo

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23/06/2021

L’onere probatorio è interamente a carico del lavoratore che l'impugna

Un lavoratore ha sottoscritto un verbale di transazione con l’azienda usufruendo dell’assistenza sindacale. Il lavoratore, però, dopo aver sottoscritto quest’atto ha ritenuto di doverlo impugnare avanti il tribunale chiedendo che fosse dichiarata la sua nullità. Il lavoratore, a sostegno di questa sua domanda, ha assunto che, in occasione della sottoscrizione dell’atto, non ha avuto una tutela giuridica effettiva da parte del rappresentante sindacale che si è limitato ad essere solo presente, senza essersi personalmente conosciuti prima né aver ricevuto informazioni sul contenuto dell’accordo che, poi, ha sottoscritto. Il Tribunale, prima, e la Corte di Appello, dopo, hanno respinto la sua domanda. Il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo la erroneità in diritto della decisione che lo ha visto soccombente. La Cassazione, però, ha respinto il ricorso spiegando il perché di questa decisione. Per la cassazione “in materia di atti abdicativi di diritti del lavoratore subordinato, le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale, non sono impugnabili, a condizione che l’assistenza prestata dai rappresentanti sindacali sia stata effettiva, così da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura”. L’assistenza sindacale ha la funzione di sottrarre il lavoratore alla condizione di inferiorità che, secondo lo spirito della legge, potrebbe indurlo altrimenti ad accettare e sottoscrivere accordi svantaggiosi. Fatta questa premessa la cassazione ha respinto la domanda del lavoratore perché ha ritenuto “sufficiente alla realizzazione di tale scopo l’idoneità dello stesso rappresentante sindacale a prestare in sede conciliativa l’assistenza prevista dalla legge; posto che la compresenza del predetto e dello stesso lavoratore al momento della conciliazione lascia presumere l’adeguata assistenza del primo, chiamato a detto fine a prestare opera di conciliatore (per il conferimento di un mandato implicito del lavoratore necessariamente sottostante all'attività svolta dal primo), in assenza di alcuna tempestiva deduzione né prova (dal dipendente di ciò onerato) che il rappresentante sindacale, pur presente, non abbia prestato assistenza di sorta”. Cassazione civile sez. lav., 09/06/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 09/06/2021), n.16154.

 L’atto di transazione, sottoscritto al di fuori delle sedi protette previste esplicitamente per legge (autorità giudiziaria, uffici del lavoro, enti bilaterali di natura sindacale, enti di certificazione, arbitrati), in materia di diritti inderogabili, decorsi i sei mesi dalla sua sottoscrizione non è più impugnabile dal lavoratore. Oltre i 6 mesi dalla data di sottoscrizione, l’atto di transazione può essere impugnato dal lavoratore solo per vizi del consenso nella formazione dell’atto di transazione come può essere l’errore in fatto e l’errore di diritto oppure la violenza psicologica o anche fisica. Nel caso in cui nella formazione dell’atto di transazione ha partecipato un sindacalista che ha prestato la sua assistenza a favore del lavoratore, questi vizi del consenso, astrattamente idonei ad inficiare la validità dell’atto, ben difficilmente possono essere provati e conseguentemente riconosciuti dall’autorità giudiziaria per annullare l’atto come sta a dimostrare questa controversia che abbiamo esaminato. Il lavoratore per ottenere l’annullamento di quell’atto che a suo giudizio lo ha penalizzato ha un pesante onere probatorio da assolvere perché non può limitarsi semplicemente ad affermare di essere stato in qualche modo raggirato o turlupinato dall’azienda, in concorso con il sindacalista, ma deve offrire al giudice i fatti specifici posti a sostegno di queste sue affermazioni.

La Cassazione con questa sentenza ha riconosciuto l’utile e proficua funzione dell’assistenza sindacale anche negli atti di transazione individuale delle controversie perché dà certezza a questi atti che ben difficilmente in sede giudiziaria potranno essere impugnate con successo.

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Diritto del lavoro — In questo sito trattiamo in modo sistematico gli istituti del diritto del lavoro (fonti, presupposti, effetti) e pubblichiamo una selezione ragionata di giurisprudenza realmente operativa. Il tutto con particolare attenzione sulla Lombardia: decisioni di Corti d’Appello e Tribunali del territorio, baricentro del diritto vivente per volume di cause e specializzazione dei magistrati. Le controversie si definiscono soprattutto nei giudizi di merito; la Cassazione interviene su motivi di legittimità assai circoscritti. Offriamo sintesi tecniche, massime giurisprudenziali  utili e rimandi ai testi integrali.

Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.