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Boban agisce contro il Milan avanti la sezione lavoro del tribunale di Milano

La società calcistica condannata a pagare ingenti somme all'ex calciatore-lavoratore

Boban nel mese di giugno del 2019 riceve la proposta del Milan di entrare a far parte dell'area tecnico sportiva in qualità di Chief Football Officer. La proposta è caldeggiata da Paolo Maldini. Il calciatore e la società nel successivo mese di luglio hanno sottoscritto un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, con una durata minima garantita sino al mese di novembre 2022 con una cospicua retribuzione fissa mensile, una parte variabile ed il riconoscimento di benefit aziendali (autovettura, alloggio, spese di iscrizioni scolastiche per i figli).

Boban chiede che il tribunale dichiari che il rapporto di lavoro sia qualificato come prestazione di lavoro subordinato e deduce a tal fine una pluralità di circostanze in fatto che farebbero concludere nel senso della subordinazione anziché della prestazione coordinata e continuativa.

Il tribunale, però, ha respinto questa domanda perché nella prestazione resa dall'ex calciatore vi sono profili che fanno escludere la sua sottoposizione alle "ingerenze di natura autenticamente direttiva e al potere disciplinare, nonché vincoli di orario e presenza presso gli uffici aziendali, obblighi di giustificazioni di ritardi ed assenze".

Il calciatore ha impugnato il recesso dal contratto che il Milan gli ha comunicato il 6 marzo 2020 per giusta causa, con effetto immediato, a causa delle dichiarazioni rilasciate il 28 febbraio 2020 al quotidiano “La Gazzetta dello Sport” chiedendo il connesso risarcimento dei danni.

Il tribunale ha affermato che il contratto di lavoro del calciatore poteva essere risolto solo in presenza di “un’irrimediabile lesione del vincolo fiduciario” di portata tale da non consentire la prosecuzione anche temporanea del rapporto di lavoro.

L’ex calciatore per il giudice, sulla base degli elementi di valutazione raccolti con la prova testimoniale, non ritiene che a suo carico vi possano essere gli elementi di un grave inadempimento che possa giustificare il recesso immediato dal contratto da parte della società calcistica. L’ex calciatore nell'intervista pur avendo mosso innegabilmente dei rilievi critici contro la società ha usato toni pacati e spirito costruttivo. Egli certamente non può rispondere di affermazioni mai rese o “della declinazione sensazionalistica che il quotidiano ha ritenuto dare all'intervista”. Le dichiarazioni, peraltro, appaiono essere “espressione di pieno e legittimo esercizio del diritto di critica, quale estrinsecazione del diritto costituzionalmente garantito, di libera manifestazione del pensiero di cui all'articolo 21 della costituzione con riferimento al triplice profilo della continenza formale dell’espressione utilizzata, del rilievo pubblico delle dichiarazioni, reso manifesto dall'indiscutibile mediaticità dell'ambito professionale del ricorrente, e della rispondenza a verità dei fatti esposti". L'ex calciatore nell'intervista ha espresso "con compostezza e moderazione " le sue valutazioni.

Il giudice ha tratto gli argomenti della sua motivazione della decisione a sostegno dell'ex calciatore dalle dichiarazioni testimoniali rese a suo favore da Paolo Maldini.

Il tribunale, come lucro cessante, ha riconosciuto all'ex calciatore i compensi a lui dovuti dalla cessazione del rapporto di collaborazione alla data di scadenza del contratto, pari a 33 mensilità residue da moltiplicarsi per la somma netta mensile di euro 125.000,00 per un totale di euro 4.125.000,00 netti, con maggiorazione di rivalutazione monetaria e interessi. Questa somma è dovuta per l'intero indipendentemente dall'assunzione di nuovi incarichi professionali che nel frattempo potrebbero esser state assunti dall'ex calciatore.

Il tribunale non ha riconosciuto il diritto del giocatore a mantenere sino alla scadenza del contratto prevista per il 2022 i fringe benefit rappresentati dall'appartamento di Milano e dell'autovettura BMW. Il Tribunale ha riconosciuto anche il risarcimento del danno non patrimoniale, non nella misura richiesta dall'ex calciatore ma in misura ridotta. Si tratta di un danno all'immagine ed alla reputazione subito in conseguenza del recesso illegittimo della società. Egli, peraltro, per poter prestare la sua collaborazione a favore delle Milan ha lasciato dei prestigiosi ruoli dirigenziali ricoperte nell'ambito della Fifa. A questo titolo il tribunale gli ha riconosciuto la somma di euro 1.250.000,00.

La società è stata condannata al pagamento delle spese processuali a favore dell'ex calciatore.

Tribunale di Milano sezione lavoro sentenza n. 2565/2020 pubblicata l'08/01/2021 giudice Dottor Lombardi.

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.