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Nel cambio di appalto: si presume la cessione di un ramo di azienda

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27/02/2025

 Una recente e significativa sentenza della Corte d'Appello di Roma (n. 4302/2024) ha fornito importanti chiarimenti in materia di trasferimento d'azienda nell'ambito del cambio di appalto, confermando la piena tutela dei diritti dei lavoratori coinvolti. La pronuncia riguarda un caso emblematico nel settore sanitario, relativo al servizio di prenotazione delle visite mediche (CUP) presso le ASL della Regione Lazio.

Di particolare rilevanza è il principio affermato dalla Corte secondo cui, in base all'art. 29 comma 3 del D.lgs. 276/2003, nel cambio di appalto opera una presunzione di trasferimento d'azienda quando il nuovo appaltatore assume il personale precedentemente impiegato. Tale presunzione comporta un'inversione dell'onere della prova: spetta infatti all'impresa subentrante dimostrare l'insussistenza del trasferimento d'azienda, provando l'esistenza di elementi di discontinuità sostanziale nell'organizzazione dei fattori produttivi

Il trasferimento di un'attività di servizio da un'impresa appaltatrice uscente a una subentrante può integrare gli estremi del trasferimento d'azienda, a prescindere dall'esistenza di un rapporto contrattuale diretto tra le due imprese.

Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che le modifiche organizzative e tecnologiche introdotte dal nuovo appaltatore (come l'adozione di nuovi software gestionali, l'introduzione di totem eliminacode o la modifica delle procedure di cassa) non fossero sufficienti a vincere tale presunzione, non rappresentando elementi di discontinuità tali da interrompere il nesso funzionale di interdipendenza tra i fattori produttivi che caratterizzavano la precedente gestione.

Di particolare rilievo è l'affermazione secondo cui, nei settori labour intensive come quello dei servizi CUP, anche un gruppo organizzato di lavoratori può costituire un'entità economica meritevole della tutela prevista dall'art. 2112 del codice civile, purché tale gruppo sia dotato di specifiche competenze e di un'organizzazione stabile che ne consenta l'operatività autonoma. La Corte ha evidenziato come i lavoratori coinvolti possedessero un know-how specifico, derivante dalla formazione ricevuta e dall'esperienza maturata, che li rendeva particolarmente qualificati per la gestione del servizio.

Le conseguenze pratiche di questa interpretazione sono di fondamentale importanza per i lavoratori: in caso di cambio di appalto qualificabile come trasferimento d'azienda, essi mantengono tutti i diritti maturati presso il precedente datore di lavoro, inclusi l'anzianità di servizio, il trattamento economico e normativo, nonché le tutele in materia di licenziamento. La sentenza ha infatti precisato che l'eventuale stipulazione di nuovi contratti di lavoro con l'impresa subentrante, qualora si accerti l'esistenza di un trasferimento d'azienda, sarebbe nulla per violazione dell'art. 2112 c.c., con conseguente diritto dei lavoratori al mantenimento di tutte le condizioni precedentemente godute.

La pronuncia assume particolare rilevanza anche perché affronta il tema della frammentazione dei rapporti di lavoro tra più società subentranti nell'appalto, evidenziando come tale pratica, se non giustificata da ragioni organizzative oggettive, non sia idonea ad escludere la configurabilità del trasferimento d'azienda. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la suddivisione dei lavoratori tra le diverse società del raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario fosse una mera artificiosa frammentazione, priva di giustificazione sul piano produttivo e organizzativo.

L'interesse dei lavoratori al riconoscimento del trasferimento d'azienda nel cambio di appalto riveste un'importanza fondamentale sotto molteplici profili, come emerge chiaramente dalla sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 4302/2024 e dalla consolidata giurisprudenza in materia.

In primo luogo, il riconoscimento della fattispecie del trasferimento d'azienda ai sensi dell'art. 2112 c.c. garantisce ai lavoratori la conservazione integrale dell'anzianità di servizio maturata presso il precedente datore di lavoro. Questo aspetto è particolarmente rilevante poiché, come evidenziato dalla Corte d'Appello di Roma, l'applicazione di normative regionali come l'art. 25 l.r. Lazio 22.10.2018 n. 7 garantirebbe il riconoscimento della sola anzianità maturata nell'ambito dello specifico appalto, mentre il trasferimento d'azienda assicura il mantenimento dell'intera anzianità pregressa, indipendentemente dall'impiego nell'appalto specifico.

Un secondo profilo di fondamentale importanza riguarda il regime di tutela applicabile in caso di licenziamento. Come sottolineato dalla Corte d'Appello romana, il riconoscimento del trasferimento d'azienda comporta che i rapporti di lavoro non vengano assoggettati alla disciplina del d.lgs. 23/2015 (il cosiddetto Jobs Act), mantenendo invece le tutele precedentemente applicabili. Questo significa una protezione più ampia in caso di licenziamento illegittimo, con la possibilità di accedere alle tutele dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori anziché alle più limitate garanzie previste dal Jobs Act.

Il trasferimento d'azienda garantisce il mantenimento di tutti i trattamenti economici e normativi goduti presso il precedente datore di lavoro. Questo significa che eventuali contratti individuali stipulati con l'impresa subentrante, qualora prevedano condizioni peggiorative, sarebbero nulli nella parte in cui si discostano dalle precedenti condizioni di lavoro. Tale principio assume particolare rilevanza pratica poiché impedisce che il cambio di appalto possa essere utilizzato come strumento per ridurre i trattamenti economici e normativi dei lavoratori.

Un ulteriore vantaggio significativo deriva dal regime di solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti esistenti al momento del trasferimento. Questa garanzia permette ai lavoratori di potersi rivolgere ad entrambi i soggetti per il soddisfacimento dei propri diritti economici, ampliando così le possibilità di tutela effettiva delle proprie ragioni creditorie.

In definitiva, il riconoscimento del trasferimento d'azienda nel cambio di appalto rappresenta per i lavoratori uno strumento fondamentale di tutela che garantisce la continuità non solo occupazionale ma anche normativa ed economica del rapporto di lavoro, impedendo che il subentro di un nuovo appaltatore possa tradursi in un'occasione di peggioramento delle condizioni lavorative precedentemente acquisite.

Questa sentenza rappresenta quindi un importante precedente che rafforza la tutela dei lavoratori nei casi di cambio di appalto, confermando che la qualificazione della fattispecie come trasferimento d'azienda non può essere elusa attraverso modifiche organizzative marginali o attraverso la frammentazione artificiosa dei rapporti di lavoro tra più società subentranti, e ribadendo il principio fondamentale secondo cui è onere dell'impresa subentrante dimostrare l'insussistenza del trasferimento d'azienda.

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.