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Per il dipendente bancario sussiste l’obbligo del risarcimento anche senza l’adozione della sanzione disciplinare.

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21/12/2023

Tribunale e Corte di Appello hanno condannato il direttore della filiale di una banca al risarcimento del danno causato dalla sua negligenza per aver omesso di custodire, in un dossier relativo ad una società cliente, copia dei documenti consacranti il contratto di prestito accordato e la fideiussione prestata, in tal modo impedendo alla banca di insinuarsi al passivo fallimentare della società rimasta inadempiente rispetto alla restituzione del prestito accordato. Il funzionario è stato condannato a dover corrispondere alla banca la somma di euro 117.228,50 perché ritenuto responsabile di omessa vigilanza che avrebbe dovuto esercitare e che non ha esercitato.

Il dipendente ha proposto ricorso in Cassazione lamentando, tra gli altri motivi, che i giudici del merito non avevano valutato la circostanza che la Banca, dopo l’iniziale contestazione dell’addebito, non aveva fatto seguire il provvedimento disciplinare; questo suo comportamento aveva il significato inequivocabile che, in quella procedura, la banca aveva accolto le giustificazioni presentate dal funzionario.

Questa circostanza avrebbe dovuto far escludere la pretesa risarcitoria della banca esercitata in sede giudiziaria in quanto fondata sui medesimi fatti oggetto della contestazione disciplinare che non si è conclusa con un provvedimento disciplinare.

La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo del ricorso irrilevante, poiché le due differenti azioni, disciplinare e di risarcimento del danno in sede giudiziaria, si pongono su piani distinti, indipendenti l'uno dall'altro.

Per la Corte “la violazione degli obblighi di fedeltà e diligenza da parte di un dipendente comporta, oltre all'applicabilità di sanzioni disciplinari, anche l'insorgere del diritto al risarcimento dei danni e ciò tanto più nel caso in cui il medesimo, quale dirigente di un istituto di credito in rapporto di collaborazione fiduciaria con il datore di lavoro, del quale è un "alter ego", occupi una posizione di particolare responsabilità, collocandosi al vertice dell'organizzazione aziendale e svolgendo mansioni tali da improntare la vita dell'azienda.

L'esistenza di fatti accertati, anche se non censurati sotto il profilo disciplinare, può comunque determinare il diritto al risarcimento del danno provocato, poiché l'interesse perseguito dal datore di lavoro è costituito dal ripristino della situazione patrimoniale evidentemente lesa. In tale prospettiva la scelta di non far conseguire provvedimenti disciplinari è legittimamente assunta dal datore di lavoro che non valuti sanzionabile la condotta.” Cassazione civile sez. lav. - 04/10/2023, n. 27940.

La Corte di Cassazione è pervenuta a questa decisione anche perché il contratto collettivo dei bancari non subordina il risarcimento dei danni dovuto al datore di lavoro dal dipendente alla condizione che sia stato esercitato il potere disciplinare dell’art. 7 dello Statuto.

Nella complessa molteplicità delle diverse discipline previste dai contratti collettivi, vi sono alcuni contratti collettivi, come quello del settore trasporti industria, che sottopongono l’obbligo risarcitorio a carico dei lavoratori subordinati a rigorosi requisiti limitando sia la responsabilità che l’entità del danno. Per il contratto collettivo del settore trasporto industria, ad esempio, il contratto collettivo nazionale prevede che “L'impresa che intenda chiedere il risarcimento dei danni al lavoratore deve preventivamente adottare almeno il provvedimento disciplinare del rimprovero scritto, specificando l'entità del danno”, aggiungendo, inoltre, che in questo caso “Al lavoratore verrà addebitato l’intero importo del danno nei casi di dolo o colpa grave o per danni di importo fino a 3.500 euro. Laddove il danno superi l'importo di 3.500 €, la somma che potrà essere posta a carico del lavoratore sarà limitata al 75% dell’importo del danno stesso, con un massimo di 20.000 €. Qualora l’azienda abbia stipulato una copertura assicurativa con franchigia, al dipendente sarà addebitato il solo valore della franchigia stessa. Gli importi così addebitati al dipendente saranno trattenuti con rate mensili, esposte in busta paga, la cui somma non dovrà superare 1/5 della retribuzione lorda mensile; in caso di cessazione del rapporto di lavoro, l'importo residuo sarà detratto dalle competenze di fine rapporto.”

Il panorama giuridico del risarcimento dei danni nel nostro ordinamento è ricco di discipline tra loro diverse. Per cogliere con esattezza le norme da applicare al caso specifico occorre sempre far riferimento al contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro. I principi che disciplinano i vari istituti della contrattazione collettiva non valgono urbi et orbi.

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.