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Condannato per omicidio colposo anche il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

L'azienda viola le norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ed il Tribunale, con sentenza confermata in appello, condanna il legale rappresentante della società e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza per omicidio colposo. Il datore di lavoro è stato condannato per aver omesso di effettuare la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei dipendenti, di valutare il reale rischio di caduta dall'alto delle merci stoccate sugli scaffali e di elaborare le procedure aziendali in merito alle operazioni di stoccaggio dei pacchi di tubolari sullo scaffale sul quale si verificò il sinistro a sua volta il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è stato condannato per aver concorso a cagionare l'infortunio mortale attraverso una serie di contegni omissivi, consistiti nell'aver omesso di promuovere l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori, di sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti per l'uso dei mezzi di sollevamento e di informare i responsabili dell'azienda dei rischi connessi all'utilizzo, da parte del lavoratore deceduto, del carrello elevatore.

L'infortunio mortale sul lavoro è avvenuto perché è stato consentito che il lavoratore deceduto, assunto con mansioni e qualifica di impiegato tecnico, svolgesse di fatto anche le funzioni di magazziniere, senza averne ricevuto la corrispondente formazione (comprensiva dell'addestramento all'utilizzo del carrello elevatore). Accadeva così che, durante le operazioni di stoccaggio, dopo avere trasportato, a mezzo di un carrello elevatore, un carico di tubolari di acciaio, sceso dal carrello elevatore ed arrampicatosi sullo scaffale per meglio posizionare il carico, venisse schiacciato sotto il peso dei tubolari che gli rovinavano addosso.

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha proposto ricorso in Cassazione contro la sentenza che lo ha condannato, sostenendo che difettava di una espressa posizione di garanzia perché la sua posizione era di mera collaborazione. A suo giudizio al responsabile dei lavoratori non spettano funzioni di valutazione dei rischi, di adozione di opportune misure per prevenirli e nemmeno quella di formazione dei lavoratori, funzioni di mero appannaggio del datore di lavoro. Né gli spetta un'attività di controllo e di sorveglianza. Si tratta di un ruolo di mera "consultazione", che si traduce essenzialmente nella possibilità di esprimere un parere preventivo di cui il datore di lavoro può anche non tenere conto. Il rappresentante della sicurezza dei lavoratori non ha poteri decisionali e, di conseguenza, non sono previste, a suo carico, sanzioni amministrative e/o penali. Egli non aveva alcun obbligo giuridico di impedire l'evento mortale.

La Corte di Cassazione ha respinto totalmente le argomentazioni difensive del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza affermando il seguente principio: "Come è noto, l'art. 50 D.lgs. n. 81 del 2008, che ne disciplina le funzioni e i compiti, attribuisce al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ciò detto, è bene precisare che, nel caso di specie, viene in rilievo non se l'imputato, in tale sua veste, ricoprisse o meno una posizione di garanzia intesa come titolarità di un dovere di protezione e di controllo finalizzati ad impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire (art. 40 cpv. c.p.) - ma se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente alla verificazione dell'evento ai sensi dell'art. 113 c.p. E, sotto questo profilo, la sentenza impugnata ha illustrato adeguatamente i termini in cui si è realizzata la cooperazione colposa dello S*** (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza n.d.r.) nel delitto di cui trattasi. Richiamati i compiti attribuiti dall'art. 50 al Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza, ha osservato come l'imputato non abbia in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il P***. ( lavoratore deceduto n.d.r.) fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l'adozione da parte del responsabile dell'azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal T***." (responsabile del servizio di prevenzione e protezione assolto in primo grado n.d.r.). Cassazione penale sez. IV - , n. 38914 depositata in cancelleria il 25 settembre 2023.

Questa sentenza della Corte di Cassazione merita attenta e profonda considerazione perché attribuisce al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza una funzione attiva, di controllo e di vigilanza sull'osservanza delle misure di prevenzione e sicurezza in azienda. La carica di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nel nostro ordinamento, non è una funzione priva di rilevanza perché nel caso in cui quel rappresentante dovesse esercitare le sue funzioni con omissione e trascuratezza, incorrerebbe in responsabilità penale e risarcitoria a favore degli infortunati e degli eredi, al pari del suo datore di lavoro. I lavoratori che ricoprono questa carica non devono considerarla come una mera formalità, prive di conseguenze; essi devono prestare il massimo dell'attenzione sull’organizzazione del lavoro e segnalare le criticità con tempestività re completezza. Venuti a conoscenza di situazioni pericolose per la sicurezza dei loro colleghi hanno il dovere di informare il datore di lavoro chiedendo gli interventi correttivi. Devono avere, inoltre, avere cura di conservare la prova documentale di questa loro attività di vigilanza e di controllo: a futura memoria, e per essere sollevati dalle responsabilità.

Un ruolo attivo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza certamente è di grande aiuto per prevenire gli infortuni sul luogo di lavoro.

Biagio Cartillone

 

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.