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Legittima la visita medica in prospettiva del cambio delle mansioni

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10/08/2022

Il rifiuto è causa di licenziamento disciplinare

L'azienda ha contestato alla lavoratrice di essersi rifiutata, per ben due volte, di sottoporsi alla visita medica necessaria per accertare la sua idoneità allo svolgimento delle nuove mansioni che aveva deciso di attribuirle.

La lavoratrice si è giustificata sostenendo, con riferimento alla prima lettera di contestazione di addebito, che non era possibile sottoporsi ad esami invasivi come i prelievi di sangue all'interno di una stanza "riunioni aziendali" non asettica e neanche disinfettata, ribadendo la propria disponibilità alla visita in un luogo idoneo; sulla seconda lettera di contestazione di addebito eccepiva che, prima della data di convocazione per la richiesta visita, aveva inviato all’azienda una lettera nella quale aveva affermato che si era presentata presso l'appalto per prendere notizie sulle mansioni e che, appresa la notizia che concernevano quelle di addetta alle pulizie, aveva dichiarato la sua indisponibilità all'accertamento medico finalizzato allo svolgimento di mansioni che riteneva illegittime perché non confacenti ed equivalenti alla propria professionalità.

All'esito della procedura di contestazione di addebito, l’azienda ha comunicato il licenziamento disciplinare assumendo che la sua richiesta di sottoposizione a visita medica era conforme alla legge e il rifiuto della dipendente doveva reputarsi illegittimo e non giustificato.

Il Tribunale e la Corte di Appello di Bologna hanno dichiarato la legittimità del licenziamento. La lavoratrice ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la visita medica disposta dall'azienda aveva la sola finalità di accertare la sua idoneità non allo svolgimento delle mansioni già assegnate e in corso di svolgimento, come previsto dalla L. n. 300 del 1970, art. 5,  bensì l'idoneità a svolgere nuove e ben diverse mansioni lavorative assegnatele illegittimamente, per cui la fattispecie concreta non era sussumibile in quella normativamente prevista, in quanto non avrebbe dovuto essere considerato solo il fatto oggettivo del cambio di mansioni, ma anche quello finalistico della illegittimità del nuovo incarico.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso rilevando "che la visita medica di idoneità in ipotesi di cambio delle mansioni è prescritta per legge e la richiesta di sottoposizione a visita, da parte del datore di lavoro, prima della assegnazione alle nuove mansioni, come correttamente sottolineato dalla Corte distrettuale, non è censurabile e, anzi, è un adempimento dovuto.

Deve, quindi, valutarsi se il rifiuto della lavoratrice, perché rivolto a contrastare un illegittimo demansionamento, atteso che le nuove mansioni erano state ritenute dalla lavoratrice non conformi alla qualifica rivestita e non compatibili con le condizioni di salute, fosse o meno legittimo. La decisione della Corte di merito, sul punto, è corretta e va condivisa. La visita medico disposta (del 12.9.2017) era preventiva e prodromica all'assegnazione delle nuove mansioni (del 18.9.2017): l'omissione di detta visita avrebbe costituito un colposo e grave inadempimento di parte datoriale. Coerentemente è stata disposta, a seguito della contestazione della lavoratrice, una nuova visita per il 19.9.2017, senza che fossero espletate le diverse e nuove mansioni; anche a tale visita la lavoratrice non si era sottoposta adducendo nuove ragioni. La reazione della lavoratrice non è assolutamente giustificabile ai sensi dell'art. 1460 c.c. perché, da un lato, il datore di lavoro si era limitato ad adeguare la propria condotta alle prescrizioni imposte dalla legge per la tutela delle condizioni fisiche dei dipendenti nell'espletamento delle mansioni loro assegnate e, dall'altro, la dipendente avrebbe ben potuto impugnare un eventuale esito della visita, qualora non condiviso, ovvero l'asserito illegittimo demansionamento, innanzi agli organi competenti.

L'art. 1460 c.c., invocato dall'odierna ricorrente, è applicabile solo in caso di totale inadempimento del datore di lavoro o in ipotesi di gravità della condotta tanto grave da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del lavoratore medesimo". Cassazione civile sez. lav., n.22094., dep. 13/07/2022.

Nel caso esaminato non è stato ritenuto applicabile il principio inadimplenti non est adimplendum, che, invece, la Corte ha sempre applicato e riconosciuto in materia di trasferimento rivelatosi, all’esame dei fatti, privo delle comprovate ragioni organizzative, produttive o sostitutive. In quest’ultima fattispecie è stato ritenuto legittimo il rifiuto del lavoratore ad adempiere l’ordine illegittimo di trasferirsi in altro luogo.

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.