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Con la messa in mora, diritto alla retribuzione piena anche se non si lavora

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18/06/2021

Condannata la Fastweb che ha rifiutato illegittimamente di ricevere la prestazione lavorativa

La Fastweb S.p.A. nel 2012 ha ceduto alla Visiant Next spa un ramo di azienda con i lavoratori addetti. Una delle lavoratrici cedute ha impugnato questa cessione che il Tribunale di Roma ha dichiarato inefficace ritenendola illegittima. La lavoratrice, ottenuta questa sentenza a suo favore, ha chiesto alla Fastweb di essere riammessa in servizio e contestualmente ha comunicato alla società cessionaria, per la quale medio tempore aveva prestato la sua attività lavorativa, di non voler più proseguire nel rapporto di lavoro presentando le dimissioni. La società cessionaria dell'azienda così dal mese di febbraio 2019 non ha più corrisposto le retribuzioni perché il contratto era cessato in conseguenza del recesso della lavoratrice. Anche la società cedente il ramo di azienda ha ritenuto di non dover corrispondere la retribuzione perché non aveva provveduto al ripristino del rapporto di lavoro sebbene formalmente richiesto dall’interessata. Ha confidato ed invocato il principio: niente prestazione lavorativa, niente retribuzione.

Di fronte all'inerzia della Fastweb, che non provvedeva a ripristinare il rapporto di lavoro, nonostante la diffida e l’invito a ricostituirlo e non provvedeva nemmeno a corrispondere la retribuzione, la lavoratrice ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Milano l'emissione di un decreto ingiuntivo per il pagamento delle retribuzioni maturate dal giorno della messa in mora; la Fastweb, però, ricevuta la notificazione del decreto ingiuntivo, ha proposto opposizione in Tribunale continuando a sostenere che non essendo stata resa la prestazione lavorativa effettiva a suo favore, non aveva l'obbligo di corrispondere la retribuzione.

Il Tribunale di Milano, però, ha rigettato questa tesi affermando che "in caso di cessione del ramo di azienda la prosecuzione del rapporto di lavoro individuale, intesa in senso giuridico, avviene solo qualora la cessione sia avvenuta legittimamente: qualora il giudice ne affermi la illegittimità, con il soggetto che riceve il rapporto "ceduto" si instaura solo un rapporto di mero fatto del tutto diverso e parallelo rispetto a quello ancora in essere con il soggetto cedente". Nel caso di specie la lavoratrice ha diritto alla corresponsione della normale retribuzione dalla Fastweb perché ha messo a disposizione del suo vero datore di lavoro le proprie energie lavorative che sono state illegittimamente rifiutate. Per il Tribunale di Milano, in ogni caso di mancata prestazione lavorativa che sia imputabile esclusivamente al rifiuto del datore di lavoro a ricevere la prestazione, il lavoratore ha diritto alla corresponsione della normale e piena retribuzione e non al semplice risarcimento del danno quale conseguenza dell'inadempimento altrui. Questo orientamento giurisprudenziale per il Tribunale è quello da seguire perché trova il conforto anche nelle ultime sentenze della corte di Cassazione che in fattispecie simili ha sempre affermato che "l'omesso ripristino del rapporto di lavoro ad opera del datore di lavoro determina l'obbligo di quest'ultimo di corrispondere la retribuzione a decorrere dalla messa in mora". Questo indirizzo giurisprudenziale è rinvenibile nella sentenza a Sezioni Unite della Suprema Corte del 7 febbraio 2018 n. 2990 e della Corte Costituzionale n. 29 del 28 febbraio 2019. La mora del creditore nel rapporto di lavoro consente di risolvere ogni dubbio affermando positivamente l'esistenza dell'obbligo retributivo del datore di lavoro moroso e non del semplice obbligo risarcitorio che rappresenta un minus rispetto all'obbligo retributivo pieno. Quel che fa la differenza, tra l’una e l’altra tesi, è l’avvenuta messa in mora del datore di lavoro a ricevere la prestazione.

Nel caso in esame l'azienda cedente aveva l'obbligo di corrispondere la normale retribuzione perché si tratta di retribuzione che è maturata dopo la risoluzione del rapporto di lavoro con la società cessionaria e, comunque, dopo che erano state messe a disposizione della Fastweb le energie psicofisiche da parte della lavoratrice illegittimamente ceduta e che ha rivendicato il diritto di ritornare nella posizione di lavoro originariamente occupata. Con la tesi dell'esistenza dell'obbligo del solo risarcimento del danno, la Fastweb intendeva ottenere l'obiettivo di essere esonerata dal pagamento della contribuzione previdenziale che, invece, sussiste pienamente nel caso in cui giudizialmente sia stato accertato l'obbligo di corrispondere la retribuzione. All’obbligo retributivo consegue l’obbligo contributivo mentre quest’ultimo non sussiste nel caso in cui vi sia solo il diritto ad un semplice risarcimento del danno.

Tribunale di Milano, sezione lavoro, dott. Atanasio, sentenza n. 634 pubblicata il 4 marzo 2021.

17 giungo 2021

 

Biagio Cartillone

 

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.