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In California il gigante della chimica Monsanto condannata a versare 289 milioni di dollari a un giardiniere colpito da cancro

Applicazione dei principi del danno punitivo

La giuria di un tribunale di San Francisco ha condannato, venerdì 10 agosto 2018, il gigante americano dell'agrochimica Monsanto a risarcire con 290 milioni di dollari i danni subiti da un giardiniere per non essere stato informato della dannosità di un erbicida a base di glifosato, che gli ha  procurato un cancro.
I giudici americani hanno ritenuto che la Monsanto ha agito in malafede e che il suo erbicida ha considerevolmente contribuito alla malattia del giardiniere. La Monsanto ha dichiarato che la giuria americana ha torto ed ha annunciato la sua intenzione di fare appello poiché il suo prodotto non causa il cancro e non è responsabile della malattia del giardiniere. A sostegno di questa tesi il gigante della chimica ha richiamato i numerosi studi scientifici e la stessa conclusione dell'agenzia americana sulla protezione Dell'ambiente e delle altre autorità pubbliche mondiali.
Il giardiniere chiedeva come risarcimento dei danni la somma di 400 milioni di dollari. Il tribunale americano gli conosciuto un danno punitivo di 250 milioni ai quali ha aggiunto ulteriori 39 milioni di interessi compensatori. Il caso del giardiniere è il primo esaminato da un tribunale americano.Ve ne sono ancora migliaia da esaminare, discutere e decidere. Il dibattimento è durato più di un mese; le parti si sono affrontate a colpi di studi scientifici contraddittori.
La legislazione americana in materia di risarcimento dei danni per fatti dannosi è ben diversa da quella italiana; un risarcimento dei danni, come quello riconosciuto dal tribunale californiano, nel nostro ordinamento giuridico, è assolutamente impensabile perché in Italia non é riconosciuto il "danno punitivo" ma solo il danno che è conseguenza immediata e diretta dell'evento dannoso. Quel giardiniere, nel nostro ordinamento italiano, avrebbe potuto ottenere un risarcimento dei danni non superiore a 1 milione e mezzo di euro, secondo le tabelle che i tribunali osservano in conseguenza di una specifica legge che disciplina ormai da anni la materia.

Il sito e lo studio.

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Diritto del lavoro — In questo sito trattiamo in modo sistematico gli istituti del diritto del lavoro (fonti, presupposti, effetti) e pubblichiamo una selezione ragionata di giurisprudenza realmente operativa. Il tutto con particolare attenzione sulla Lombardia: decisioni di Corti d’Appello e Tribunali del territorio, baricentro del diritto vivente per volume di cause e specializzazione dei magistrati. Le controversie si definiscono soprattutto nei giudizi di merito; la Cassazione interviene su motivi di legittimità assai circoscritti. Offriamo sintesi tecniche, massime giurisprudenziali  utili e rimandi ai testi integrali.

Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.