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Lo straordinario se richiesto nei limiti previsti dal contratto collettivo deve essere eseguito.

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04/06/2023

Un’azienda del settore metalmeccanico industria ha licenziato un lavoratore addebitandogli la mancata esecuzione del lavoro straordinario per più di 15 giorni, nonostante la direttiva aziendale che aveva disposto l’aumento dell’orario di lavoro per ragioni produttive; il lavoratore si era rifiutato di adempiere l’ordine impartito anche in precedenza, subendo delle sanzioni conservative del posto di lavoro. La recidiva nei doveri contrattuali era specifica.

Il Tribunale ha dichiarato il licenziamento illegittimo ma la Corte di Appello ha riformato la sentenza dichiarando la definitiva risoluzione del rapporto di lavoro non per giusta causa, così come comunicato dall’azienda, ma per giustificato motivo soggettivo, con il conseguente diritto del lavoratore di vedersi corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso.

La controversia aveva ad oggetto il diritto dell’azienda di richiedere al dipendente l’esecuzione del lavoro straordinario e con quali modi e limiti.

Il contratto collettivo del settore metalmeccanico industria prevede che l’azienda può fare ricorso al lavoro straordinario ma in modo “contenuto”. Specificando il concetto, il contratto collettivo prevede che la prestazione dello straordinario possa essere richiesto dall’azienda nei limiti “di 2 ore giornaliere e 8 ore settimanali”, con un limite massimo complessivo di 200 ore annuali per ciascun lavoratore. Per le aziende fino a 200 dipendenti, il limite massimo individuale annuo è fissato in 250 ore.” I paletti della contrattazione collettiva che disciplinano l’istituto sono molto precisi. Per la Corte di Appello, l’azienda aveva richiesto l’esecuzione delle ore di lavoro straordinario nel rispetto del contratto collettivo.

Il lavoratore insoddisfatto della decisione della Corte d’Appello ha proposto ricorso in Cassazione, proponendo ben 23 motivi di impugnazione contro la sentenza; a sua volta, l’azienda, più modestamente, ne ha proposto tre non avendo condiviso la decisione della Corte di Appello che ha riconosciuto al lavoratore il diritto a percepire l’indennità sostitutiva del preavviso.

La Cassazione ha respinto tutti  i 26 motivi di impugnazione ritenendo corretti i principi giuridici affermati dalla Corte di Appello. In particolare, i motivi sono stati respinti perché privi di decisività e di specificità, inammissibili perché si sostanziavano nella richiesta di un diverso apprezzamento delle prove, mescolati e sovrapposti con mezzi di impugnazione eterogenei, con questioni sollevate per la prima volta in Cassazione, richiedenti un diverso apprezzamento delle circostanze di causa, contenenti una mera prospettazione contrappositiva delle conclusioni tratte dal giudice di Appello dall'esame delle deposizioni testimoniali.

La Cassazione, confermando la sentenza della Corte di Appello, afferma che:

“ premesso che il d. lgs. n. 66 del 2003, art. 5 rimette espressamente alle parti collettive la regolamentazione dei limiti del ricorso al lavoro straordinario, si osserva che la piana lettura della previsione collettiva di riferimento - art. 7 c.c.n.l. applicabile -, conferma la correttezza della interpretazione della Corte di merito circa la possibilità per la parte datoriale di richiedere al lavoratore prestazioni di lavoro straordinario nei limiti della cd. quota esente, senza preventiva consultazione o informazione alle organizzazioni sindacali nel rispetto dei limiti di due ore giornaliere e otto ore settimanali e con un preavviso di almeno 24 ore; la valutazione di idoneità del cartello affisso all'interno dello stabilimento aziendale a far ritenere assolto da parte del datore di lavoro l'obbligo di preventiva comunicazione della richiesta di straordinario nei confronti del lavoratore, in assenza di specifiche prescrizioni a riguardo da parte della norma collettiva, costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non incrinabile, in sede di legittimità, dalla lettura meramente contrappositiva circa le modalità di assolvimento del detto obbligo, quale operata dall'odierno ricorrente principale; ciò anche in relazione al profilo attinente alla mancata indicazione nel detto avviso della data finale di espletamento del maggiore orario ed, in generale, alla valutazione del giudice di merito in punto di specificità ed adeguatezza della disposizione aziendale a consentire la verifica dell'eventuale superamento della quota esente di straordinario;”.

La Cassazione aggiunge che “il contratto collettivo Industria Metalmeccanica sanziona, la insubordinazione "semplice" con il licenziamento con preavviso (c.c.n.l. titolo VII art. 10, A, lett. a)) e la "grave insubordinazione verso i superiori " con il licenziamento senza preavviso (c.c.n.l. titolo VII art. 10, B, lett. a)) (v. in particolare in relazione al medesimo contratto collettivo Cass. n. 2573-1992); la sentenza impugnata, nella parte in cui ha configurato in termini di "notevole inadempimento" la condotta del dipendente non ha inteso escludere che essa integrasse i caratteri della insubordinazione ma solo che tale insubordinazione non fosse di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto. L'apprezzamento della gravità dell'illecito si sottrae alle censure articolate dalla società spettando inevitabilmente al giudice di merito il concreto apprezzamento del fatto”. Cassazione civile sez. lav. - 20/04/2023, n. 10623.

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.