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Al capostazione niente sanzione disciplinare per aver aderito allo sciopero

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29/04/2022

la Commissione di garanza per i servizi pubblici essenziali non si è mai espressa sulla proclamazione dello sciopero

 Un capostazione della Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ha aderito ad uno sciopero proclamato da un’organizzazione sindacale del settore. L'azienda gli ha applicato la sanzione di 10 giorni di sospensione dal lavoro per aver abbandonato il posto di lavoro, avendo aderito ad uno sciopero che in realtà non riguardava il personale dipendente della Rete Ferroviaria Italiana. Il capostazione ha impugnato la sanzione disciplinare, che il tribunale ha confermato, ma la Corte di appello ha annullato, condannando l'azienda a restituire al lavoratore la somma trattenutagli. La sanzione disciplinare è stata annullata perché la Commissione di garanzia non si era mai espressa sulla correttezza della condotta delle organizzazioni sindacali che avevano proclamato lo sciopero. Il giudizio negativo della Commissione di garanzia costituisce un presupposto essenziale del corretto esercizio del potere disciplinare. Se l’azione sindacale è stata correttamente esercitata, il datore di lavoro non può istruire il suo potere disciplinare nei confronti dei lavoratori che hanno aderito allo sciopero. Questa valutazione sulla correttezza, però, non spetta al datore di lavoro ma alla Commissione di garanzia, soggetto terzo di natura pubblicistica.

 L'azienda ferroviaria ha proposto ricorso in Cassazione. Il ricorso è stato respinto.

La Cassazione innanzitutto ha evidenziato che la legge numero 146/1990 per i servizi pubblici essenziali impone degli obblighi che devono essere sempre rispettati dai soggetti che promuovono lo sciopero: il termine di preavviso, l’indicazione della durata dello sciopero, l’esperimento delle procedure di raffreddamento e conciliazione prima della proclamazione, la garanzia delle prestazioni indispensabili. Le violazioni di questi obblighi comportano delle sanzioni sia a carico delle organizzazioni sindacali che delle aziende. A carico dei lavoratori che si sono astenuti dal lavoro in violazione di queste norme, la legge prevede l'adozione di eventuali misure disciplinari conservative del posto di lavoro con esclusione, però, del licenziamento.

La Commissione di garanzia ha il compito di valutare il comportamento delle parti deliberando le eventuali sanzioni contro le parti collettive e le aziende; la Commissione di garanzia ha il compito di indicare al datore di lavoro la sanzione disciplinare da applicare solo nei confronti dei lavoratori che hanno aderito allo sciopero in violazione degli obblighi previsti dalla legge.

Per la Cassazione la legge ha introdotto "una competenza esclusiva dell’organo di garanzia di “valutare” il comportamento delle parti e, ove esso accerti la commissione di inadempienze o violazioni, di “deliberare” le sanzioni nei confronti delle stesse. I poteri della commissione di garanzia sono di natura pubblicistica dovendo "garantire i servizi minimi essenziali nell’interesse degli utenti e dell’esercizio dei loro diritti fondamentali. "

Il datore di lavoro ha un ruolo meramente esecutivo, di applicazione, delle sanzioni già deliberate e quantificate dalla commissione. Il datore di lavoro, che omette di applicare ai lavoratori trasgressori le sanzioni deliberate e quantificate dalla commissione di garanzia, nei termini della stessa carta, è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria. Il datore di lavoro è obbligato ad applicare le sanzioni.

I lavoratori che si astengono dal lavoro in violazione delle norme o attuano uno sciopero in maniera difforme dalla proclamazione legittima pongono in essere dei comportamenti trasgressivi punibili disciplinarmente.

La legge per la Cassazione "attribuisce alla Commissione di garanzia il limitato potere di “prescrivere” al datore di lavoro l’applicazione di sanzioni individuali ai propri dipendenti, sul presupposto di una valutazione negativa dell’azione sindacale." Il datore di lavoro ha il dovere di avviare il procedimento disciplinare essendo riservate ad esso "i compiti accertativi e valutativi della condotta del singolo, in conformità alle specifiche previsioni di legge e di contratto collettivo."

La pronuncia della Commissione di garanzia, nel quadro giuridico delineato dalla Corte di Cassazione, costituisce un presupposto essenziale per l'esercizio del potere disciplinare contro i lavoratori che hanno aderito allo sciopero illegittimamente proclamato.

L'impianto normativo "ha affidato ad un organo terzo il potere di valutare e sanzionare il comportamento delle parti collettive e degli enti erogatori dei servizi, pubblici e privati, ed ha utilizzato il potere disciplinare del datore di lavoro quale strumento per il medesimo fine di tutela degli utenti.

Con la conseguenza che l’esercizio del potere disciplinare, in quanto proiettato alla tutela di beni e interessi che esulano dal rapporto di lavoro e coinvolgono il godimento dei servizi pubblici essenziali, risulta subordinato alla preliminare e condizionante valutazione, di competenza della Commissione, del comportamento negativo dei soggetti collettivi, a cui il singolo lavoratore abbia prestato adesione. In altri termini, ove l’illegittimità della condotta del lavoratore derivi dalla illegittimità della proclamazione, alla responsabilità del sindacato può aggiungersi quella dei singoli, direttamente obbligati al rispetto delle misure e delle regole per l’attuazione dello sciopero, ai sensi degli artt. 4, comma 1, ma l’esercizio del potere disciplinare, in quanto non rispondente all’interesse creditorio alla prestazione bensì funzionale alla tutela dei diritti fondamentali degli utenti, è sottratto all’autonoma valutazione datoriale ed è subordinato alla preliminare valutazione negativa della Commissione medesima sulla condotta dei soggetti collettivi.

Dalle considerazioni svolte discende che il potere disciplinare del datore di lavoro, già conformato in modo peculiare in base all’art. 4, comma 1, col divieto di licenziamento e  la destinazione all’Inps dell’importo delle sanzioni pecuniarie, subisce un ulteriore limite, nell’ipotesi di condotta individuale di adesione ad uno sciopero illegittimamente proclamato, in quanto doverosamente esercitabile solo in presenza di una valutazione negativa da parte della Commissione sul comportamento delle parti sindacali. Ciò in coerenza con il carattere speciale dell’inadempimento del lavoratore che, realizzato nell’esercizio del diritto di sciopero nell’ambito dei servizi pubblici essenziali, risulta idoneo a ledere interessi di rilievo pubblicistico, che esulano dal sinallagma contrattuale.

Il potere disciplinare del datore di lavoro continua ad avere le ordinarie caratteristiche nella seconda delle ipotesi sopra individuate, di lavoratori che attuano lo sciopero senza il rispetto delle modalità legittimamente programmate dai sindacati (ad esempio, col rifiuto di svolgere le prestazioni indispensabili). In tal caso, la responsabilità è configurabile esclusivamente nei confronti dei singoli lavoratori, e il potere disciplinare resta integralmente in capo al datore di lavoro, senza alcuna riserva di competenza o di intervento preventivo della Commissione.”

 Nella controversia esaminata dalla Corte di Cassazione è stato contestato al lavoratore di aver aderito ad uno sciopero indetto dalle organizzazioni sindacali ma la proclamazione di questo sciopero non era avvenuta nel rispetto delle norme che disciplinano la materia. L'illegittimità della condotta addebitata al lavoratore derivava, pertanto, dalla illegittimità della proclamazione dello sciopero da parte delle organizzazioni sindacali. In questa fattispecie l'esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro era subordinato alla preventiva valutazione negativa del comportamento dei soggetti sindacali ad opera della Commissione di garanzia che, nel caso specifico, non si è mai pronunciata perché nessuna delle parti interessate ha attivato la relativa procedura.

La sanzione disciplinare dei 10 giorni di sospensione dal lavoro in assenza di questo pronunciamento della Commissione di garanzia è stata annullata. Il datore di lavoro non poteva esercitare in modo legittimo il suo potere disciplinare. Questo potere disciplinare poteva essere esercitato dal datore di lavoro solo se consentito dal preventivo intervento della Commissione di garanzia. Il diritto di sciopero è materia molto sensibile essendo garantito costituzionalmente.

Corte di Cassazione sezione lavoro, n. 11365 del 7 aprile 2022.

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.