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Patto di prova nel rapporto di lavoro

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06/10/2025

Disciplina, requisiti di validità e conseguenze in caso di nullità

1) Nozione e fonte

Il patto di prova (art. 2096 c.c.) consente a datore e lavoratore di verificare, in un periodo limitato, l’idoneità alle mansioni pattuite. Se la prova è superata, il tempo di prova si computa nell’anzianità; durante la prova entrambe le parti possono recedere senza preavviso, nel rispetto di buona fede e correttezza.

2) Requisiti inderogabili (quando il patto è valido)

  • Forma scritta: il patto deve risultare per iscritto prima o contestualmente all’inizio del rapporto.
  • Oggetto determinato: occorre l’indicazione puntuale delle mansioni da testare (niente formule generiche).
  • Durata congrua: fissata dal CCNL applicato e proporzionata alle mansioni; le assenze normalmente sospendono la prova se il contratto collettivo lo prevede.
  • Svolgimento effettivo: il lavoratore dev’essere concretamente adibito alle mansioni oggetto di prova; un esperimento solo formale non regge.
  • Indirizzo costante della Cassazione conferma questi punti, in particolare l’invalidità per genericità delle mansioni e per mancanza/ritardo della forma scritta, con conversione del rapporto a definitivo sin dall’inizio.

3) Recesso durante la prova: limiti pratici

Il recesso è libero da preavviso, ma non è arbitrio: dev’essere funzionalmente collegato all’esito dell’esperimento (idoneità/inidoneità alle mansioni). Recessi per ragioni estranee alla prova (es. ritorsive o discriminatorie) sono illeciti e vengono annullati in giudizio.

4) Quando il patto è nullo (e cosa succede)

Casi tipici di nullità (esempi):

  • patto non scritto o sottoscritto dopo l’inizio del lavoro;
  • mancata specificazione delle mansioni;
  • prova solo apparente (mancata adibizione alle mansioni da testare).

Effetto: la nullità è parziale (colpisce la clausola, non il contratto) e l’assunzione si considera definitiva sin dall’origine. Il recesso “per mancato superamento della prova” non vale più come recesso libero: diventa un licenziamento ordinario, soggetto ai requisiti di legittimità (giusta causa/giustificato motivo) e al relativo regime di tutela.

5) La svolta recente: reintegra anche nel regime “tutele crescenti”

Con Cass. sez. lav. n. 24201 del 29 agosto 2025 (caso OVS), la Suprema Corte ha ribadito che la genericità del patto determina nullità e ha allineato le conseguenze alla pronuncia della Corte costituzionale n. 128/2024: se il patto è nullo, il “mancato superamento della prova” è fatto materiale inesistente. Ne deriva la tutela reintegratoria attenuata ex art. 3, co. 2, d.lgs. 23/2015 anche per i rapporti a tutele crescenti, non la sola indennità del comma 1. In concreto: annullamento del licenziamento, reintegra (salva opzione del lavoratore per l’indennità sostitutiva), indennità entro il tetto di 12 mensilità con detrazione dell’aliunde perceptum.

In sintesi operativa: non esiste una “zona franca” iniziale; un patto invalido non sterilizza le garanzie contro i licenziamenti ingiustificati. È questo il principio messo a fuoco dalla nostra analisi editoriale e dalla sentenza del 2025.

6) Cosa guardare (checklist per evitare contenziosi)

  • Testo del patto: è scritto? indica esattamente le mansioni? richiama il livello/CCNL?
  • Timing: è sottoscritto prima/contestualmente all’accesso in servizio?
  • Durata: rientra nei massimi CCNL e nelle prassi di settore? si sospende per assenze secondo contratto?
  • Prova “vera”: le attività svolte corrispondono alle mansioni provate? esiste documentazione di feedback/valutazioni?
  • Motivazione interna: anche se non obbligatoria verso l’esterno, mantenere traccia delle ragioni tecniche/organizzative del recesso in prova riduce il rischio di contenzioso.

Nota per i nostri lettori del sito

Questo contributo fa parte della nostra sezione di dottrina. Per l’approfondimento giurisprudenziale si veda Cass. 24201/2025 (Sez. Lavoro), che ricostruisce i presupposti di nullità del patto e le tutele applicabili, inclusa la reintegra nel regime a tutele crescenti.

Disclaimer: durate massime, sospensioni, rinnovi e clausole di dettaglio sono spesso disciplinati dal CCNL applicato: occorre sempre verificare il testo collettivo vigente nel settore/azienda.

Sul caso concreto: se ha quesiti:  Scriva

Avv. Biagio Cartillone

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