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Il licenziamento disciplinare senza la procedura dell’art. 7 dello Statuto comporta la reintegrazione nel posto di lavoro, il risarcimento dei danni e il diritto alla contribuzione

Lo afferma nella sentenza il Tribunale di Milano

Per poter intimare validamente un licenziamento imposto dalle gravi inadempienze di un qualsiasi lavoratore subordinato, ivi compresi i dirigenti, occorre che il datore di lavoro provveda preventivamente a contestare i fatti per iscritto consentendo l’esercizio del diritto di difesa. Senza questa preventiva contestazione di addebito qualsiasi licenziamento giustificato dalle inadempienze contrattuali del lavoratore subordinato è viziato da nullità assoluta. La forma è sostanza; si tratta di dare scrupolosa osservanza alle previsioni dell’articolo 7 dello statuto dei lavoratori integrate dalle norme disciplinari contenute nei contratti collettivi. La contestazione di addebito è necessaria per qualsiasi tipo di infrazione che si imputa al lavoratore, anche per i furti e le molestie sessuali. Senza la procedura della contestazione di addebito si, ritorna in azienda; le garanzie devono essere rispettate e tutti ne hanno diritto. Dura lex sed lex.

Per comprendere l’importanza della procedura di contestazione di addebito dell’articolo sette dello statuto dei lavoratori, è sufficiente leggere la sentenza del tribunale di Milano che ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro di un dipendente che è stato assunto dall’azienda dopo l’entrata in vigore del Jobs act del mese di marzo 2015. L’azienda ha inviato al lavoratore ben tre lettere di contestazione di addebito ma nessuna di esse è stata ricevuta dal destinatario perché non reperibile all’indirizzo utilizzato dall’azienda. Incurante di questo mancato ricevimento, l’azienda ha ritenuto di poter intimare ugualmente il licenziamento per giusta causa; la lettera di licenziamento, questa volta, è regolarmente pervenuta al destinatario che prontamente ha impugnato il provvedimento di espulsione. Il Tribunale di Milano, senza svolgere attività istruttoria, ha dichiarato con immediatezza la nullità del licenziamento, ordinando la reintegrazione nel posto di lavoro, l’obbligo dell’azienda di corrispondere la retribuzione per tutto i mesi di estromissione del lavoratore dell’attività lavorativa, e il diritto del lavoratore al versamento dei contributi previdenziali. Si tratta della sanzione più pesante prevista dal nostro ordinamento contro il licenziamento illegittimo sancita dall’ordinamento perché prevede l’applicazione dell’articolo 18 nel testo originario del 1970, senza incidenza delle modifiche introdotte dalla legge Fornero del 2012 e dal Jobs acta del 2015.

Per il tribunale di Milano la prova del ricevimento di una lettera” non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata, essendo necessaria, attraverso l'avviso di ricevimento o l'attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio”.

Ed ancora “La totale assenza di procedimento disciplinare nei confronti del lavoratore rende, ipso facto, illegittimo il licenziamento allo stesso irrogato, né tale conclusione appare potenzialmente rivedibile laddove, nell'esercizio dei poteri d'ufficio giudiziali, si addivenga alla riqualificazione del licenziamento, ritenendolo assistito da giustificato motivo soggettivo in luogo della giusta causa, trattandosi di licenziamento parimenti disciplinare, sotto il profilo ontologico e giuridico, anch'esso soggetto al rispetto delle forme di cui all'art. 7 cit.. In tali ipotesi il fatto contestato è insussistente a priori, per inesistenza del procedimento disciplinare, con conseguente diritto del lavoratore alla tutela reintegratoria”. (Sentenza Tribunale di Milano n. 712/2021 pubbl. il 12/03/2021).

Il Tribunale di Milano ha gestito con grande celerità la definizione della controversia; il licenziamento risale al mese di febbraio del 2020, la sentenza è stata depositata in cancelleria nel mese di marzo 2021, dopo solo qualche mese dal deposito del ricorso del lavoratore. Si tratta di tempi moderni ed europei dell’amministrazione della giustizia. Non in tutti i Tribunali della penisola le cose vanno in questo modo. Purtroppo, la virtù non è contagiosa.

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Numeri chiari, giustizia più rapida
I giudici del lavoro, nei tribunali e nelle corti d’appello, non amano confrontarsi con i numeri. Quando una causa richiede conteggi, la prassi è quasi sempre la stessa: nominare un consulente tecnico d’ufficio e adeguarsi alle sue conclusioni. Ma questo significa allungare i tempi e appesantire il procedimento con costi ulteriori.
Proprio perché questa è la realtà, il giuslavorista ha un dovere in più: presentare la parte economica del ricorso in modo chiaro, lineare e subito comprensibile. Se le pretese o le contestazioni sono esposte con semplicità e precisione, la consulenza tecnica può diventare inutile.
È un compito che non si può ignorare. Difendere un lavoratore o un’azienda significa anche saper trasformare principi giuridici in cifre leggibili, senza zone d’ombra. Il giuslavorista si misura qui: nello sforzo costante di rendere trasparenti i numeri della causa, perché solo numeri chiari possono portare a decisioni corrette con il diritto e le previsioni del CCNL.

 La rapidità come obbligo dello studio 
Nel diritto del lavoro la rapidità è imprescindibile. La legge prevede che, dopo l’impugnazione di un licenziamento o di un trasferimento, il ricorso debba essere depositato entro 180 giorni: decorso tale termine, il diritto si perde. È una scansione temporale rigida, che impone al lavoratore di non lasciare che il tempo eroda la propria tutela.
 La rapidità come necessità pratica
La stessa urgenza vale per le cause che riguardano differenze retributive o risarcimenti. In un sistema dominato da appalti ed esternalizzazioni, le imprese appaltatrici spesso si cancellano dal registro delle imprese subito dopo aver concluso l’affare, lasciando i lavoratori senza interlocutore. In questi casi occorre “battere sul tempo”: solo agendo tempestivamente la sentenza conserva un valore concreto e non si riduce, come le gride manzoniane, a un proclama destinato a restare lettera morta.

Buste paga e contratti collettivi: una specializzazione indispensabile

Nel diritto del lavoro, applicare correttamente i contratti collettivi e redigere le buste paga con precisione non è un dettaglio: è una linea di confine tra la tutela dei diritti e il rischio concreto di contenziosi. Per il lavoratore significa poter confidare che chi legge quei numeri veda anche ciò che non è detto: scatti di anzianità, indennità, straordinari, clausole contrattuali speciali — tutto ciò che si nasconde dietro le cifre.
Per l’azienda, invece, un errore — anche minimo — può costare doppiamente: dovrà ripagare somme già versate in difetto e versare differenze che il giudice riconosce per mancata corretta applicazione del contratto collettivo. In altri termini: un “risparmio scorretto” oggi può trasformarsi in un esborso ben più grave domani.
Ecco perché la specializzazione tecnica in contratti collettivi e paghe non è una mera opzione: è un’assicurazione per chi tutela i diritti dei lavoratori e una protezione per chi assume l’onere della compliance aziendale.

 

 

  La nostra forza: istituti retributivi  e numeri, un sapere unitario

 Leggere e interpretare le previsioni economiche di un contratto collettivo non è mai semplice. Non basta scorrere le tabelle: occorre   tradurre principi giuridici astratti nei calcoli che incidono sui diversi istituti retributivi. È un passaggio complesso, che richiede   conoscenza tecnica e visione giuridica.
 La difficoltà sta proprio qui: coniugare l’astrattezza del concetto con la concretezza del numero. È un’operazione che non può essere   spezzata, né divisa tra più mani. Se la si frammenta, si rischia di perdere la piena comprensione del sistema.
La nostra forza nasce da questa consapevolezza: costruiamo in modo unitario istituti giuridici e proiezioni economiche, senza scollature tra teoria e pratica. Diritto del lavoro e numeri camminano insieme, in un’unica lettura. Ed è proprio questa integrazione che rende il nostro lavoro affidabile, solido e capace di dare risposte certe a lavoratori e imprese.