29/11/2025
Una recente e importante sentenza della Corte d’Appello di Milano (sent. n. 698/2025 del mese di novembre) ha chiarito un punto che, nella pratica, genera moltissima confusione: non tutte le conciliazioni firmate “in sindacato” sono valide e non tutte impediscono al lavoratore di tornare sui propri passi.
Molti dipendenti pensano che, una volta firmato un verbale davanti al sindacato, “è tutto finito”.
Molti datori credono che basti una firma in sede sindacale per blindare rinunce e transazioni.
La realtà è diversa.
La Corte lo dice senza mezzi termini: una conciliazione sindacale è davvero inoppugnabile solo se rispetta condizioni precise. Se mancano, l’accordo non vale e il lavoratore può impugnarlo.
1. Che cos’è una conciliazione sindacale?
È un accordo firmato da datore e lavoratore per chiudere una lite (o una possibile lite) davanti a un sindacato.
In alcuni casi, questa conciliazione diventa “protetta”: significa che non può più essere contestata dal lavoratore.
Ma per essere protetta deve rispettare condizioni ben precise fissate dalla legge.
2. L’errore più comune: pensare che basti la firma davanti al sindacato
Per anni molte aziende hanno portato i lavoratori a firmare davanti a un sindacalista “di fiducia”, convinte che quella sede rendesse l’accordo inattaccabile.
La Corte d’Appello chiarisce invece un concetto semplice:
Non è la presenza del sindacato a rendere valida la conciliazione.
È il contratto collettivo (CCNL).
Il CCNL deve prevedere:
Se il CCNL non dice nulla, la conciliazione non è “protetta”, anche se firmata davanti al sindacato più rappresentativo del mondo.
3. Il caso deciso dalla Corte d’Appello di Milano
Il caso riguardava un autista del settore trasporto merci.
La conciliazione era stata firmata davanti a una sigla sindacale, ma:
Risultato:
â�� L’accordo NON era una conciliazione sindacale valida.
â�� NON era “inoppugnabile”.
�� Il lavoratore ha potuto impugnarlo e far valere i propri diritti.
La Corte ha spiegato che senza una procedura prevista dal CCNL, la conciliazione è solo una semplice transazione, e come tutte le transazioni può essere impugnata entro 6 mesi.
4. Perché la legge richiede una procedura prevista dal CCNL?
Per un motivo molto semplice: la conciliazione sindacale “protetta” è un istituto serio, perché può comportare:
Per questo la legge dice che deve svolgersi in un luogo e con modalità:
Senza queste garanzie, il legislatore non consente che il lavoratore perda la possibilità di ripensarci.
5. Che cosa succede se la conciliazione non è valida?
Se la conciliazione non rispetta i requisiti dell’art. 412-ter c.p.c. (cioè se il CCNL non la prevede):
â�¤ Il lavoratore può impugnarla entro 6 mesi.
â�¤ Se la impugna, l’accordo non vale più.
â�¤ Il datore non può opporre l’accordo in giudizio.
� Tutte le rinunce del lavoratore diventano inefficaci.
È esattamente quello che è successo nel caso esaminato dalla Corte d’Appello.
6. Cosa devono fare lavoratori e aziende
LAVORATORI
AZIENDE
7. Il messaggio chiave della Corte d’Appello di Milano
La Corte lo afferma con grande chiarezza:
Una conciliazione sindacale è inoppugnabile solo se si svolge secondo una procedura prevista dal CCNL applicabile.
Se il CCNL non prevede nulla, l’accordo resta impugnabile.
Non conta il nome del sindacato.
Non conta il luogo.
Non conta la formula scritta nel verbale.
Conta solo ciò che prevede il contratto collettivo del settore.