16/07/2025
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 807 del 13 gennaio 2025, ha dato torto a un’azienda che aveva licenziato un dirigente sulla base di controlli informatici effettuati “a ritroso” nel tempo. Confermata così la decisione della Corte d’Appello di Milano: quel licenziamento è illegittimo.
Il caso nasce nel 2017, quando un vicedirettore generale di TIP viene allontanato dall’azienda perché accusato di violare le regole interne. A sostegno del provvedimento, il datore di lavoro aveva portato e-mail inviate dal dirigente settimane prima dell’insorgere di un sospetto concreto, cioè prima che il sistema aziendale segnalasse un “alert” l’8 febbraio di quello stesso anno.
Per i giudici, questo è il punto decisivo: i controlli difensivi sui dipendenti, anche tramite strumenti tecnologici, sono legittimi solo se fatti dopo la comparsa di indizi seri di illecito e per proteggere il patrimonio o la sicurezza dell’impresa. Non si possono invece “spolverare archivi” e usare vecchi dati raccolti senza un motivo attuale.
La Cassazione ha ribadito che:
un controllo retroattivo viola lo Statuto dei Lavoratori;
un’informativa sulla privacy generica non basta a legittimarlo;
un licenziamento basato su un procedimento disciplinare viziato da prove illecite non può reggere.
La pronuncia diventa così un monito per le aziende: l’equilibrio tra esigenze di tutela e diritti dei lavoratori non è un dettaglio formale, ma una regola di sostanza. Chi non la rispetta rischia di trasformare un sospetto in un boomerang giudiziario, con contenziosi costosi e dannosi per l’immagine.